In un momento in cui si ripristina l’ordine delle priorità e ciò che è intorno a noi sembra assumere o recuperare senso, anche le marche necessitano di ritrovare una nuova rilevanza. Ad aprire le porte della sua casa romana tramite l’ausilio della tecnologia e a raccontare come i brand stiano rispondendo alla chiamata sociale e in che modo l’agenzia media li accompagni in un rinnovato rapporto agenzia – cliente Annalisa Spuntarelli, Chief Client Officer di Havas Media. La manager, a capo di un Client Management Hub che comprende circa 60 persone, ha descritto l’evoluzione in atto nel settore e nell’azienda di cui fa parte.
In questo periodo di emergenza ci siamo trovati spesso di fronte a messaggi di comunicazione asincroni e distonici rispetto a quello che stiamo vivendo. Come possono inserirsi i brand coerentemente nel delicato e mutevole contesto che stiamo esperendo?
Questo momento ha colto impreparate le persone nella loro sfera privata e professionale. Con oltre 100 clienti attivi, abbiamo visto che ci sono aziende che hanno reagito più velocemente e altre che hanno avuto bisogno, e ancora oggi hanno la necessità, di riorganizzare il pensiero per poi trasformarlo in azioni di comunicazione. Il flusso comunicativo non si deve interrompere, deve cambiare senz’altro tono, linguaggio, mezzo, costruendo l’equità di marca con un impatto nel breve per le vendite, ma soprattutto nel medio e lungo termine. Ciò che va ben compresa è la direzione che la comunicazione deve avere d’ora in avanti. Con molti dei nostri clienti abbiamo già da diversi anni avviato un processo in questo senso, facendo leva su comunicazioni meaningful: alla luce di quello che sta succedendo nel mondo cambia il punto di rilevanza per ognuno di noi, ma non l’esigenza di avere accanto il proprio brand.
L’attuale scenario suggerisce che reputazione e distintività di marca non siano più sufficienti. Occorre che i brand siano realmente vicini al consumatore e ne valorizzino il tema persona. Come può l’agenzia accompagnare il cliente in questa nuova era?
Come gruppo da tempo abbiamo indagato il tema della rilevanza: abbiamo una ricerca proprietaria – Meaningful Brands – che da 10 anni indaga il rapporto tra brand e consumatori. Che cosa abbiamo scoperto?
Il 77% dei brand a livello globale se oggi sparisse non lascerebbe alcun segno nella vita dei consumatori
Il dato è ancora più interessante se pensiamo che nel 2017 era 3 punti percentuali indietro, quindi è passato dal 74 al 77%. Ed è un trend in continua crescita, un dato che analizziamo per ogni categoria merceologica e per ogni marca, in questo modo riusciamo poi a supportare i clienti per orientarsi verso una comunicazione meanigful e soprattutto a misurare l’indice di rilevanza che si compone di 3 tipologie di benefit: i benefit funzionali, quello che il prodotto o il servizio fa per ciascuno di noi; i benefit personali, quello che reca in termini di beneficio nella vita quotidiana; i benefit collettivi, cioè quello che porta alla società. La scomposizione a livello di media internazionale è circa ‘40 – 30 – 30’. Abbiamo osservato e incrociato una serie di dati in questi 10 anni di osservazione in tutto il mondo e abbiamo visto che i 30 brand più meaningful a livello globale hanno ottenuto risultati di business superiori del 5%. Lavorare in una logica di meaningfulness migliora quindi le performance di business in modo importante e concreto. Il momento che stiamo vivendo è interessante proprio per le sfide che pone a tutti noi comunicatori. In queste settimane la reazione del mercato è stata lo spostamento in termini di rilevanza dai benefit funzionali su quelli prima personali e poi anche collettivi.
La comunicazione post Covid-19 dovrà realizzare una nuova alleanza con il consumatore in tempi anche abbastanza rapidi. Siamo pronti?
Negli ultimi anni abbiamo attirato aziende che credono nell’approccio meaningfulness in termini di comunicazione, quindi abbiamo acquisito clienti che probabilmente sono più pronti di altri in questo momento. Molti tra questi, anche grazie al nostro supporto, hanno una visione più chiara e la stanno costruendo, pur nella fluidità continua del momento. Con loro stiamo rivedendo settimana per settimana gli investimenti pubblicitari, i contenuti, i mezzi, pianifichiamo anche giorno per giorno le singole situazioni. Come comunicatori stiamo supportando i clienti nell’individuare la strada giusta in termini di comunicazione. Come agenzia media possediamo i dati, gli insight, che servono a sostanziare le scelte quotidiane nuove. Abbiamo istituito sin dall’inizio una newsletter settimanale che analizza e approfondisce alcuni temi legati all’impatto sulle audience, sul mercato, sulle abitudini di fruizione dei mezzi della popolazione divisa per fasce. È un momento di grande trasformazione del rapporto agenzia-cliente, mai come ora dobbiamo mettere a disposizione il massimo delle nostre competenze per aiutarli a orientarsi e costruire insieme a loro un percorso nuovo. Ci sarà un nuovo rinascimento.
Come stanno cambiando le pianificazioni e quali i mezzi più gettonati? In tal senso c’è una tendenza che possiamo già prevedere per la fase postcovid?
La prima evidenza già dalle primissime settimane è un incremento impressionante di fruizione in termini di volume di tempo sul mezzo televisivo, anche includendo e facendo ritornare sulla piattaforma televisiva una serie di fasce di popolazione che si erano allontanate negli ultimi anni. Quello che stiamo approfondendo sono due temi. Il primo è il contenuto fruito: all’inizio tutta l’area news ha avuto un’esplosione in tv e sul digitale, adesso che sta iniziando a cambiare la gestione della routine si ricercano anche contenuti d’evasione e di intrattenimento. Ogni due settimane facciamo delle analisi qualitative per vedere come si spostano le audience sui diversi contenuti. Il secondo fenomeno evidente è l’accelerazione legata all’utilizzo di device digitali anche da parte di fasce della popolazione che erano più refrattarie a questo tipo di fruizione, adesso diventata necessaria. È molto interessante dal nostro punto di vista anche l’opportunità che si pone per i brand di costruire delle attività di engagement virtuale. Pensiamo a quello che è stato fatto dai cantanti e personaggi dello spettacolo e dello sport per comunicare vicinanza. A questi si aggiungono i contenuti user generated: per i brand si sta trasformando la modalità di conversazione sugli strumenti digitali. Il tempo a disposizione maggiore apre a un ascolto da parte del target, più sereno e meno cross device con un atteggiamento più rilassato, senz’altro un’opportunità su quelle che sono le nuove forme di comunicazione televisiva in due accezioni: l’on demand e la narrazione. Penso al branded entertainment e al branded content: con i clienti stiamo ragionando, con tutte le limitazioni legate al momento come ad esempio alle case di produzione chiuse e all’impossibilità quindi di produrre contenuti nuovi, alla possibilità di raccontare la storia dell’azienda accedendo anche ad archivi e a materiali già presenti. E il perché una certa azienda ha deciso di essere quello che è e di fare un certo tipo di business.
Le organizzazioni sono composte di persone. Come dare attenzione ai singoli in questo particolare momento di emergenza e di distanziamento sociale?
Le richieste dei consumatori ai brand sono le stesse che i dipendenti fanno all’azienda. A livello di Gruppo Havas coltiviamo attenzione alla persona e al benessere del singolo. Non è l’emergenza sanitaria di oggi che sta imponendo un ripensamento totale, eravamo già su questa strada con una serie di iniziative sia a livello locale sia globale. Siamo un ‘business people’: essendo una società di servizi mettiamo a disposizione il valore delle persone. Dobbiamo fare i conti con un mondo che intorno cambia. Sono ormai 5 anni che abbiamo investito a livello globale sullo smart working, non abbiamo avuto nessun contraccolpo da quel punto di vista. Quello che è cambiato è la cura e l’attenzione per i singoli, per non farli sentire isolati. Ogni settimana ci incontriamo con il board per creare delle occasioni di connessione con tutti, per non far sentire solo a casa nessuno, abbiamo analizzato tutte le singole realtà: chi è solo in casa, chi ha dei bambini o persone anziane da accudire, chi non riesce a unirsi con la famiglia perché è rimasto bloccato in un altro luogo. Stiamo cercando di creare iniziative di relazione, una per esempio è la colazione insieme. Riprendendo una pratica già acquisita prima dell’emergenza – una volta al mese ci riunivamo per fare un punto sulla situazione d’agenzia con le due sedi collegate e facevamo colazione insieme raccontandoci progetti, iniziative, celebrando nuovi ingressi, vittorie, acquisizioni e commentando perdite – l’abbiamo voluta trasformare in un’edizione virtuale collegandoci tutti da remoto con un caffè in mano. Quello che manca è proprio questo: il confronto, lo scambio, al di là del commitment quotidiano sul business, la condivisione di esperienze umane. Stiamo cercando di ricrearle e mantenerle, per poi avere la gioia, quando ritorneremo a viverle fisicamente, di non avere sentito l’assenza in modo così forte.
La comunicazione crea relazione. Qual è il ruolo del consulente oggi? Come è cambiato il rapporto con il cliente in questa particolare fase ‘casalinga’?
La verità è che siamo entrati nel privato dei nostri clienti e viceversa
Sono state eliminate le barriere che ognuno di noi si auto-crea, ormai i confini non ci sono più, stiamo accedendo alla dimensione umana e privata. È un’occasione unica dal punto di vista della creazione di un rapporto più stretto. Già da anni stiamo stressando il concetto di posizionamento della consulenza, anche allargandoci ad aree di servizio di marketing strategico, portando a bordo e formando persone che abbiano maggiore rotondità con competenze sia hard che soft, per cui dal punto di vista dell’output nulla è cambiato. Quello che è cambiato è il poter essere molto più uniti e compatti, perché nella condivisione di uno stesso momento personale di difficoltà ci stiamo tutti aprendo verso l’ascolto dell’altro: dobbiamo creare un nuovo framework e lo facciamo insieme.
Ha dichiarato che “la competitività è data dal valore che le persone riescono a esprimere”. Come attuare questa ‘maieutica’ in azienda? Come attrarre e mantenere talenti?
Da sempre ho avuto la fortuna di lavorare in questa industry che ho imparato a conoscere e comprendere anche nelle varie trasformazioni. Sicuramente sulle generazioni più giovani il tema di attrarre talenti è fortissimo, per il mio modo di vedere devono essere innanzitutto talenti umani. Il lavoro si impara per osmosi, contaminazione, capacità di ascolto e di comprensione. Le competenze tecniche si acquisiscono. Il fattore umano ci orienta e ci permette di andare ad attrarre figure che condividano il nostro set di valori aziendali. Chiediamo di aderire alla nostra cultura e quindi poi è naturale che richiamiamo professionalità che si riconoscono in questo ambiente e in questo sistema valoriale. Dal punto di vista organizzativo lavoriamo su strutture sempre meno piramidali che valorizzino sempre di più il contributo del singolo e che diano lo spazio a tutti di sbagliare, di fare errori, farne tanti e di imparare: solo in questo modo ognuno di noi si può sentire responsabile e orgoglioso di aver dato un contributo a qualsiasi livello, che venga riconosciuto e apprezzato dall’azienda. Abbiamo una serie di programmi a supporto delle figure a più alto potenziale, e abbiamo messo a punto un percorso di mentorship. I temi sono diversi ma molto focalizzati sulla nuova sfida di leadership trasversale in una struttura come la nostra a matrice. Questo mette in campo una serie di abilità nuove da parte del middle management che sono più complesse da acquisire e gestire, abbiamo bisogno di supportare tutte le nostre key people in questo percorso di crescita che vogliamo facciano parte dell’agenzia.
Qual è contributo che donne come lei in comunicazione e in ruoli dirigenziali possono portare all’interno del proprio gruppo e all’esterno?
Credo molto nell’equilibrio. Sicuramente un punto di vista femminile in ogni contesto riesce ad armonizzare qualsiasi tipo di decisione venga presa. Sono molto attenta anche nel creare gruppi equilibrati anche da questo punto di vista. L’inserimento in questi anni all’interno di ruoli decisionali di una componente femminile ammorbidisce lo stile di leadership, l’emotività e la capacità di emozionare ed emozionarsi. In comunicazione siamo più numerose rispetto ad altri contesti, abbiamo un territorio più vicino al nostro sentire e anche al valore che possiamo rappresentare, perché comunque abbiamo a che fare con consumatori, sentimenti ed emozioni: il punto di vista femminile trova il suo naturale spazio per emergere. Riconosco nelle trentenni di oggi una consapevolezza e una forza diversa rispetto a quando ho iniziato io. Mi fa enormemente piacere vedere ragazze che entrano anche in certi ruoli decisionali con più coraggio.
L’insegnamento umano che ha ricevuto dagli oltre venti anni di carriera.
Lavorare in questo settore con le persone dà la possibilità di imparare quotidianamente osservando gli altri, comprendendo le necessità di ognuno e a specchio guardando te stessa. Oggi professionalmente sono il risultato di tutte le esperienze che ho accumulato e di tutte le persone che ho incontrato. Ho imparato che si impara dagli errori che decidi di affrontare, i miei punti di fragilità sono diventati sempre di più i miei punti di forza.
C’è una caratteristica che la distingue come professionista e come persona?
Sono una combattiva, amo la sfida, ho sempre questa tensione verso il miglioramento. Ascolto sempre la pancia ma poi passo alla mente, per evitare derive incontrollate. Sono tenace e cerco di perseguire i progetti con grande determinazione. Sono appassionata della vita in tutti gli ambiti.
Senz’altro avverto la curiosità di conoscere l’altro, in continuo contatto con le emozioni che sento. È anche quello che mi manca di più in questo momento di distanza con i colleghi: la condivisione.
Giornalista, consulente alla comunicazione positiva e allo sviluppo individuale e dei gruppi attraverso strumenti a mediazione espressiva. 20 anni di esperienza in comunicazione aziendale.