Un seme di consapevolezza piantato in un terreno pronto ad accogliere: il Bilancio di Genere (BdG) realizzato da Havas Media Group risponde a una crescente esigenza sociale e insieme a un’attenzione aziendale verso i temi dell’uguaglianza e delle pari opportunità. Documento integrativo delle certificazioni sociali finora prodotte, il Bilancio di Genere ne fotografa il contesto, analizza i risultati e pone le basi per azioni positive che l’organizzazione si impegna a mettere in atto per il prossimo biennio. Progetto pionieristico in ambito privato e in particolar modo se riferito alle agenzie di comunicazione, il Bilancio di Genere è oggi adottato per obblighi di legge principalmente da istituzioni ed enti pubblici.
A raccontarci la nascita e l’evoluzione di uno strumento destinato a far riflettere su come criticità e punti di forza in termini di pari opportunità impattino sul funzionamento organizzativo Cristina Saracino, Head of Treasury & Procurement di Havas Group e Benedetta Tumatelli, People Wellbeing & CSR Manager di Havas Group.
Quale è il valore di promuovere all’interno delle organizzazioni la Diversity e Inclusion?
C.S: Il bilancio di genere parte dalla considerazione che le aziende siano fatte di persone e che ciascuna sia diversa a prescindere dal sesso, per ambizioni, caratteristiche e specificità individuali. La diversità anche da un punto di vista del genere ha un impatto per l’azienda, per cui è importante in primis riconoscere che le differenze esistono, per poi attuare politiche aziendali che non siano neutre ma rispondano con maggiore trasparenza ed efficacia ai bisogni della popolazione. In questo modo sarà possibile ricevere direttamente e indirettamente delle risposte dal proprio personale in termini di engagement, efficacia e benessere.
La necessità di essere inclusivi e di valorizzare queste differenze si trasforma per le aziende in una maggiore produttività e in riscontri sia dal punto di vista economico finanziario sia dal punto di vista dell’immagine interna ed esterna.
Si sta sempre più andando verso una valutazione aziendale che risulti non solo dal punto di vista economico finanziario, ma dall’impatto sociale che essa ha. Lo strumento del Bilancio di Genere porta in ottica valued based il contributo dell’azienda.
Perché un bilancio di genere?
C.S.: È un progetto nato a conclusione di un executive master che ho frequentato. Seguo attivamente la tematica della parità di genere, a oggi implementata con lo strumento del Bilancio di Genere particolarmente dalle amministrazioni pubbliche.
La proposta di redigere un BdG è stata accolta con entusiasmo da parte del Board, incluso l’HR, anche perché molto allineata ai principi di meaningfulness, al voler fare la differenza per i nostri clienti, per la società e per il significato che il Gruppo può avere sul sociale. Havas Media Group è un’azienda molto ingaggiata su questi temi al suo interno: da anni vengono effettuate analisi sulla parità di genere e i dati vengono raccolti e inviati al global, ma fino a oggi a livello Italia non c’era un documento ufficiale che approfondisse tutte le azioni intraprese a beneficio delle pari opportunità. Necessità diverse si sono incrociate nel momento giusto e così siamo diventati pionieri di questo documento.
B.T.: In Havas Media Group siamo sempre stati attenti a questo argomento e in generale al welfare e il wellbeing. La presenza femminile è molto alta in azienda (come si legge nel BdG la media storica è del 60% ndr), per cui la tematica della parità di genere è sempre stata di nostro interesse. Portiamo avanti attività che siano opportunità per visualizzare l’impegno dell’azienda e creare un commitment da parte delle persone costante e crescente.
Il Bilancio di Genere come documento per raccontare le politiche sociali aziendali e modello di best practice di riferimento. Per un’agenzia di comunicazione significa spingere anche all’esterno per una diffusione della cultura della parità?
C.S.: L’obiettivo iniziale era creare un documento che potesse essere uno strumento di sensibilizzazione sull’argomento e quindi da esempio per le altre aziende. A oggi è un bene che il BdG venga applicato nelle istituzioni pubbliche, ma l’auspicio è che possa essere utilizzato da altre imprese in tutti i settori per riuscire effettivamente a spingere sulla parità di genere.
Che cosa è emerso dal Bilancio di Genere di Havas Media Group?
C.S.: Il Gruppo è attento a creare un contesto positivo per i propri dipendenti e i suoi valori sono sempre stati trasparenza, onestà, correttezza, principi alla base del trattamento equo delle persone. Ci sono dei temi su cui si può ancora lavorare per avere maggiore parità (Nel BdG si legge che “nella composizione percentuale del top management la presenza delle donne compone 1/3 del vertice aziendale” ndr), sebbene le percentuali siano più alte rispetto alle medie di settore e alla media italiana in generale (In Italia nel settore privato solo 1 dirigente su 5 è donna ndr). Dal documento emerge una lista di azioni che sono state intraprese negli anni e che sono in favore della parità di genere: tra queste segnaliamo la formazione sul personale, l’attenzione al work life balance, la possibilità di ottenere permessi aggiuntivi per la cura dei propri cari, la flessibilità e lo smart working. Sono emerse tante evidenze che segnalano l’attivismo di Havas Media Group su queste tematiche.
Quanto impattano le differenze di genere sul funzionamento dell’organizzazione anche in termini di obiettivi economici?
C.S.: Il Bilancio di Genere ha creato una nuova visione delle strategie aziendali e dei processi di budget anche dal punto di vista economico finanziario in ottica di genere. Questo strumento ci aiuta a evidenziare quali siano le differenti esigenze della popolazione e dove sia necessario investire ulteriormente tramite azioni positive, segnalate a conclusione del documento, che pongono le basi per il prossimo Bilancio di Genere. Intendiamo inserire l’ottica di genere all’interno delle politiche di board di investimenti per il futuro.
Quali sono i principali bisogni della popolazione aziendale?
C.S.: Dal documento emerge una sempre maggiore necessità di bilanciamento di work-life, sebbene il Gruppo si faccia garante di questo bisogno. Si evidenzia anche la necessità di un cambio culturale all’interno degli equilibri familiari. Abbiamo notato un incremento dell’utilizzo del congedo di paternità facoltativa, ciò significa che nelle dinamiche familiari dei dipendenti inizia a delinearsi un cambiamento che comporta la necessità anche da parte degli uomini dell’utilizzo dei congedi parentali, fino a pochi anni fa appannaggio delle donne. Il part time invece viene esclusivamente richiesto dalle donne, probabilmente perché esiste ancora un gap salariale di genere e all’interno del nucleo familiare la scelta di richiesta del part time ricade su chi guadagna meno.
I trend sociali dimostrano una maggiore attenzione nei confronti del femminile. Quali sono le concrete difficoltà nel tradurre la parità di genere in azienda?
C.S.: Ho la sensazione che tante realtà ne parlino più per moda, ma che non traducano effettivamente in azione quello che professano. Spesso le organizzazioni si limitano a fare delle azioni macro che non si esplicano in un cambiamento reale.
Molte organizzazioni stanno iniziando a fare la certificazione di genere, uno strumento ottimo per la sensibilizzazione del mondo imprenditoriale sul tema, ma spesso sono più motivate dagli sgravi fiscali che ne conseguono che dal volere creare una effettiva parità nell’organizzazione. Quello che è emerso dalla nostra analisi è che a prescindere da questo bilancio e dalla certificazione sulla parità di genere, già da alcuni anni in Havas Media Group c’è stato un cambio di rotta anche per equiparare i gap salariali. Ci sono stati interventi concreti da parte dell’HR per garantire parità. L’attenzione c’è già.
Retribuzione: il divario tra uomini e donne si amplifica all’aumentare del livello di posizione lavorativa. A incidere sono fattori culturali? Come muoversi verso parità di trattamento anche a livello economico?
C.S.: La disparità di trattamento la si vede nelle prime categorie: se tutti partono con parità di esperienza da uno stesso livello, l’azienda sta attuando una parità di salario. Subentra poi il tema meritocrazia. Uguaglianza significa avere pari opportunità e parità di trattamento. Man a mano che si sale sulle posizioni si evidenzia un tema di disparità salariale, ma dipende da chi sono ricoperti quei ruoli: se si fa una media del top management maschile e femminile al cui interno i ceo e i cfo sono uomini, è naturale che ci sia una differenza.
In azienda abbiamo evidenziato un divario al di sotto della media nazionale che insieme ad azioni positive per il futuro, sarà ulteriormente livellato. Sul middle management le donne guadagnano un po’ in più degli uomini: ritorna il tema della meritocrazia. La questione da approfondire potrebbe essere sulla percentuale di promozione delle donne rispetto agli uomini.
B.T.: Il salary gap ha un suo valore forte quando si fa riferimento a grandi numeri. Quando la popolazione è meno numerosa si va sulle persone: la differenza più che di salario è di condizione, posizione, necessità rispetto ad alcune categorie. Ci sono ruoli che, ad esempio, 5 anni fa non esistevano e che oggi si possono impegnare solo con salari altissimi, che stanno sballando il mercato: uomini o donne che siano, è la posizione che fa la differenza. Questo su un’organizzazione con i numeri di Havas Media Group può andare a giocare a favore o sfavore di una categoria senza andare a impattare rispetto a una differenza di genere. Una sola persona può fare la differenza in una categoria o nell’altra relativamente al salario, ma questo non va a inficiare su differenze che sono pro-gender gap. Si deve valutare qual è lo storico delle persone, da quanto tempo sono in azienda, bisogna indagare sui singoli.
Le condizioni da agevolare sono parità, uguaglianza e certamente meritocrazia.
Bisogna garantire le stesse opportunità a tutti, poi si va sul merito.
Per leggere il Bilancio di Genere di Havas Media Group clicca qui
Il femminile inteso come principio di accoglienza, empatia, ascolto quanto è diffuso nella leadership dell’organizzazione?
B.T.: In Havas Media Group facciamo riferimento a una leadership gentile, più che del femminile. Il lavoro sul management c’è ed è continuo. Come i leader debbano rispondere ai propri team cambia nel tempo. Formiamo tutti allo stesso modo. Spingiamo l’empowerment personale e professionale puntando su competenze sempre più soft. La tendenza condivisa e confermata da qualche anno è che le caratteristiche più soft siano sempre più necessarie.
C.S.: Nelle caratteristiche caratteriali del nostro top board e dei nostri manager c’è la gentilezza, che permette un contesto positivo.
Secondo lei alle donne è richiesto di più da parte delle organizzazioni e della società?
C.S: Ho la fortuna di lavorare in un contesto positivo. La percezione personale è che sia chiesto lo stesso a donne e uomini, ma per le condizioni in cui si trovano ad agire, le lavoratrici debbano dare di più. Tanto può impattare il cambiamento culturale all’interno degli equilibri familiari. Più si andrà verso una parità di gestione dei carichi familiari equa e più si faciliterà la vita alle donne anche dal punto di vista lavorativo.
B.T.: Il work life balance può consentire alla donna una vita più serena perché possa svolgere il suo lavoro. Il contesto non lavorativo ma sociale chiede alla donna di tenere i carichi familiari. Le condizioni di welfare, wellbeing e work life balance devono essere assicurate a tutti.
Che cosa vede oggi nelle giovani donne che entrano in azienda?
C.S.: Credo che le nuove generazioni, non solo le donne ma anche gli uomini, abbiano nella loro visione il diritto ad avere pari opportunità. Allo stesso tempo gli uomini iniziano ad avere la concezione di voler contribuire alla famiglia. C’è una maggiore predisposizione a una condivisione degli impegni e di uguaglianza di diritti. È un qualcosa che i giovani hanno già nella loro forma mentis, diversamente dalla generazione dei nostri genitori.
Che cosa vorreste emergesse nel prossimo bilancio di genere di Havas Media Group?
B.T: Ci auguriamo che le azioni che abbiamo proposto vengano portate a termine e che tutto quello che ci siamo prefissi di fare venga compiuto. La partenza è buona, si possono trovare nuovi spunti per potersi ancora migliorare. L’auspicio è che venga riconosciuto il valore di questa attività. Vorrei che le persone fossero contente di quello che si fa.
C.S.: Mi piacerebbe vedere che tante organizzazioni avranno fatto azioni come la nostra e che avranno adottato il Bilancio di Genere per dimostrare come realmente vogliono muoversi per il futuro.
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Giornalista, counselor a mediazione espressivo artistica e corporeo teatrale, consulente alla comunicazione positiva e allo sviluppo individuale e dei gruppi. 20 anni di esperienza in comunicazione aziendale.