“Sono onorato per l’indicazione espressa oggi dal Consiglio Generale di Confindustria – ha detto il presidente di Assolombarda, Carlo Bonomi, neo presidente di Confindustria -. Ovviamente, non è tempo di gioire. La condizione in cui versa l’impresa italiana è tale da far passare in secondo piano qualunque considerazione, auspicio e programma manifestato in precedenza. A 11 anni dalla crisi del 2008, l’Italia era ancora lontana dall’aver recuperato il livello di Pil e produzione industriale del precrisi. Ora si apre una nuova voragine. E poiché eravamo già in stagnazione, anche questa volta il colpo per l’Italia sarà peggiore di quello dei nostri competitor”.
“Confindustria deve essere al centro del tavolo in cui la politica decide il metodo delle prossime riaperture delle attività economiche. Non abbiamo ancora dispositivi di protezione distribuiti in massa, non abbiamo tamponature a tappeto, non abbiamo indagini a cluster della popolazione sulla concentrazione dei contagi, né test sierologici sugli anticorpi, né tecnologie di contact tracing. Su queste basi abbiamo bisogno di una diagnostica precoce che ci consenta riaperture estese, sulla base di misure restrittive concentrate, invece, dove servono e dove sono giustificate”.
“Questo è il modello di riapertura in sicurezza a cui dobbiamo puntare. Vanno benissimo i comitati di esperti. Ma la loro proliferazione senza chiare attribuzioni non può essere uno scudo dietro cui nascondersi per rinviare decisioni che devono essere assunte su basi chiare, e con tempi rapidissimi. Senza calendari diversi da regione a regione”.
“Il tempo è nostro nemico. Non solo nei settori del turismo e della ristorazione ma anche più in generale della domanda interna. Il tempo rischia di disattivare la nostra presenza nelle catene internazionali di fornitura e del valore. Il mondo ripartirà trainato da chi ne sarà protagonista”.
“Serve dunque un calendario di ripresa in sicurezza metodologicamente chiaro, funzionale al raggiungimento di due obiettivi: riaprire la produzione perché solo essa dà reddito e lavoro, non certo lo Stato come molti vorrebbero dimenticando che non ha le risorse; e farlo evitando una seconda ondata di contagio, che ci porterebbe a nuove misure di chiusura a quel punto ancor più disastrose”.
“Gli anni di fronte a noi – ha concluso Bonomi – devono essere vissuti da parte nostra con la stessa dedizione e passione civile che le imprese portarono nella ricostruzione italiana. Per questo, ci sarà bisogno dell’impegno di tutti. E insieme dovremo cambiare anche noi imprese, se vogliamo che cambi l’Italia”.