Il linguaggio d’odio in rete, lo “hate speech” diffuso via social media, nel 2020 è diminuito rispetto al 2019.
Lo dice la Mappa dell’intolleranza 5.0 di VOX – Osservatorio Italiano sui Diritti, l’organizzazione fondata dalla giornalista Silvia Brena e da Marilisa D’Amico, Professore ordinario di Diritto costituzionale e Prorettore con Delega alla Legalità, Trasparenza e Parità di Diritti presso l’Università degli Studi di Milano, che si occupa di alimentare e far crescere la consapevolezza dell’opinione pubblica sul tema dei diritti in Italia.
Dal 2015 l’Osservatorio si occupa di monitorare e analizzare i discorsi d’odio presenti sul web prendendo Twitter come luogo di osservazione. Attraverso un software di sentiment analysis sviluppato dall’Università di Bari Aldo Moro, lo studio delle conversazioni digitali riesce ad individuare, collocandole nel giusto contesto, quelle che effettivamente rappresentano una manifestazione di rabbia, intolleranza, discriminazione, razzismo, violenza. Ne scaturisce una mappatura che attraverso l’infografica e il data visualization scatta una fotografia dello stato dell’arte. Collaborano al progetto anche l’Università Statale di Milano, la Sapienza – Università di Roma e IT’STIME dell’Università Cattolica di Milano, che conferiscono a questo monitoraggio uno sguardo ancora più rotondo.
Si diceva che nel 2020 i discorsi d’odio sono diminuiti. “Il periodo di monitoraggio da marzo a settembre, più esteso rispetto al 2019, rivela che complessivamente i tweet positivi sono stati il 57% contro il 30% dell’anno prima, mentre quelli negativi diminuiscono dal 70% al 43% – spiega Silvia Brena -. È successo che durante il primo lockdown i social sono stati utilizzati per tenere vive le relazioni che altrimenti rischiavano di dissolversi a causa dell’isolamento”.
Una buona notizia? Non proprio. Allo stesso tempo, infatti il linguaggio d’odio si radicalizza, diventa professionale. Si intuisce che sono nati dei centri di divulgazione organizzati, delle vere e proprie centrali operative presumibilmente in mano a gruppi di estrema destra.
Tutto questo suscita una grande preoccupazione.
“Le categorie più colpite sono le donne, gli ebrei e i musulmani. Le donne, da sole, rappresentano quasi il 50% delle vittime degli hater”. Vero è che negli anni la percentuale dei discorsi d’odio contro le donne è calata, dal 73% del 2016, al 59,6% del 2017/2018, al 40% del 2019. “Ma solo perché cresce l’antisemitismo”, precisa Brena. E poi ci sono i casi che coinvolgono aspetti diversi, come quello della senatrice Liliana Segre, donna e di religione ebraica, o Silvia Romano, che al suo ritorno dalla prigionia in Africa è stata ricoperta da insulti di una violenza inaudita, anche per aver rivelato di essersi convertita all’Islam. Perché tutto questo? Brena non ha mezzi termini: “Perché questo è un Paese misogino, machista e fascista”.
Il secondo elemento molto preoccupante è che fino all’anno scorso le donne venivano colpite soprattutto per il body shaming, “oggi in quanto professioniste, in quanto lavorano”.
I dati Istat sull’occupazione relativi allo scorso mese di dicembre segnalano la perdita di 101mila posti di lavoro, di cui 99mila sono donne: “Sono numeri tragici. Sulla condizione femminile pesa, in questo momento di crisi per la pandemia, anche lo smartworking che confondendo i tempi del lavoro con quelli della cura della casa e della famiglia finiscono per ridurre questi ultimi e, contemporaneamente, la rabbia maschile cresce”.
Una ultima, inquietante evidenza emersa dalla Mappa è il rapporto causa ed effetto tra hate speech e crimini di odio: “Risulta infatti evidente che in corrispondenza di un picco di discorsi d’odio si verificano dei femminicidi. In pratica c’è uno “sciame digitale” che legittima azioni borderline in situazioni radicalizzate”.
La Mappa 5.0 conferma l’intolleranza verso gli ebrei, protagonisti di una drammatica escalation dal 2,2% del 2016 al 18,5%, e verso i migranti. Ma c’è anche una buona notizia: cala l’omofobia. Nel 2016 i post discriminatori verso gli omosessuali erano al 10,8% per passare al 4% nei due monitoraggi successivi e attestarsi al 3,2% nel 2020. “Merito della legge Cirinnà (che regolamenta le unioni civili tra persone dello stesso sesso, ndr), a dimostrazione che le leggi servono a cambiare anche la cultura dei cittadini rispetto a determinati temi”. Per questo, VOX Diritti ribadisce il proprio impegno nel promuovere e sostenere disegni di legge in tema di diritti, come ad esempio il ddl contro la discriminazione di genere e l’omotransfobia del deputato PD Alessandro Zan, approvato lo scorso novembre.
Infine, VOX Diritti è in prima linea nel fare informazione, e “lavorare di contronarrazione, andando a fare prevenzione nelle scuole e sviluppando campagne che poi divulghiamo attraverso i social media”. A tal proposito, l’organizzazione è membro della Rete nazionale per il contrasto ai discorsi e ai fenomeni d’odio, di cui proprio oggi il sito sbarca in rete (www.retecontrolodio.org). La Rete riunisce le più importanti realtà che da diversi anni si occupano di mappare, prevenire e combattere i discorsi e i fenomeni di odio, anche per contrastarne la crescente pervasività.