Comunicatori: da diavoli tentatori a narratori di etica e di virtù

A cura di Serena Poerio

Costruire una consapevolezza collettiva in grado di alimentare una domanda dal basso”. Questo il passaggio che secondo Daniele Cobianchi, Chief Executive Officer McCann Worldgroup Italy & Mediabrands Italy President, deve fare la comunicazione per porsi alla guida di un cambiamento “che obbligherà le aziende a modificare i propri modelli di business e a mettere l’etica e l’economia circolare al centro.

Un’opportunità ghiotta, che può regalare occasioni di crescita straordinarie”. In questa nuova visione i protagonisti della comunicazione possono e devono cambiare faccia, attraverso il racconto di storie che siano fonte di ispirazione, esempio ed emulazione: “Non più ‘diavoli tentatori’, ma ‘narratori di etica e virtù’.

Cobianchi
Daniele Cobianchi

Come la comunicazione può guidare il cambiamento della società in termini di sostenibilità? 

Il tema della sostenibilità sarà centrale nei prossimi dieci anni, nei quali tutti dovranno impostare concretamente azioni in grado di impattare sull’ambiente, sulle persone e sull’economia. Ma a differenza di altri “tormentoni mainstream” come il purpose, per citarne uno, la sostenibilità non è solo una parola alla moda da mettersi in bocca. La sostenibilità ha nel suo dna la concretezza dei comportamenti, le azioni di responsabilità, la non procrastinazione, i risultati. 

Sostenibilità è un termine che le organizzazioni stanno facendo proprio e diffondendo. Quanto le parole possono incidere sulla realtà? E qual è il ruolo dei marketer in questo senso? 

Tutti si stanno appropriando di questo termine e molti non sanno nemmeno cosa siano gli SDG’s o quali siano i cinque settori che producono più gas serra e in quali percentuali. Nonostante io sia un manager attento e che investe molto tempo a documentarsi ho dovuto fare un master a Cambridge sulla sostenibilità per rendermi conto che non sapevo quasi nulla. Studio, preparazione e una managerialità etica sono le caratteristiche che i marketer devono mettere in campo se vogliono davvero impattare nei prossimi anni. 
L’obiettivo principale è far sì che la sostenibilità non sia solo una posa ma un cambiamento culturale profondo e pervasivo.

Come possono i partner di comunicazione accompagnare i clienti in un percorso di sostenibilità reale? 

Il nostro mestiere per tantissimi anni è stato quello di spingere i consumi, destagionalizzare prodotti, accendere bisogni più o meno veri al fine di aiutare le aziende a vendere. Questa pressione consumistica non è più sostenibile e vendere e consumare non sono più imperativi accettabili. Anche il nostro ruolo deve cambiare: dobbiamo raccontare di aziende virtuose, di prodotti con filiere circolari, di tutela della biodiversità, di imprenditori illuminati che ogni giorno escono dalle loro zone di conforto per cambiare le cose.

Quanto conta fare rete per valorizzare una cultura della sostenibilità? E quanto il comparto è unito o interessato a esserlo?

La cultura della sostenibilità, definita dall’Onu, è quella che tende a soddisfare le necessità delle attuali generazioni senza compromettere la capacità delle future generazioni di soddisfare le proprie, pertanto non c’è molto spazio per non essere uniti. 
Se per alcuni stakeholder i temi di responsabilità sociale non sono sufficienti per fare un passo in questa direzione, va ricordato che la sostenibilità è anche un’incredibile opportunità di sviluppo e di crescita. C’è un mondo da ripensare, ridisegnare e ricostruire, e una nuova prosperità raggiungibile.

La realtà che rappresentiamo è quella che creiamo. Sentite di avere avuto come comunicatori una grande responsabilità nel passato nel definire modelli, che ora sono da superare, e nel dover definire modelli sostenibili a cui la gente possa aspirare nel presente e nel futuro? 

Grandissime responsabilità. Ogni idea che diffondiamo contribuisce a creare un immaginario, a modificare o reiterare dei comportamenti, portare a una riflessione. In McCann la nostra missione internazionale è quella di “aiutare brand e aziende a guadagnarsi un ruolo meaningful nella vita delle persone”. Ora più che mai non dobbiamo solo tradurre le esigenze commerciali dei clienti in strategie creative ma aiutarli ad affrontare i temi nuovi, a modificare i linguaggi, a prendere delle posizioni. Il nostro mestiere oggi ha un’opportunità unica, quella di raccontare il “consumo sostenibile” invitando le persone ad aderire a un modello collettivo che può migliorare le nostre vite e il mondo che ci circonda.

Che cosa significa puntare sulla leadership culturale?

Mettere al centro l’uomo e saper accompagnare i cambiamenti, interpretare le tensioni culturali e saper indicare una nuova via, non solo per se stessi, ma perché giova a tutti.

Economia circolare, climate change, sostenibilità, diversità. Nell’onda di consapevolezza che si sta propagando nella società e nelle organizzazioni, quali sono gli scogli che la comunicazione deve superare per poter indirizzare la rotta? 

Gli scogli che frenano i cambiamenti sono sempre gli stessi: le zone di conforto mentali e quelle economico/speculative. 
Il cambiamento ha un costo e un discreto discomfort che non tutti sono disposti ad addossarsi. Poi ci sono green washing e strumentalizzazioni che sono ripartite alla grande e questo genera molta confusione. Per questi motivi, ribadisco, che c’è un forte bisogno di una narrazione sulla sostenibilità che coinvolga direttamente le persone e che faccia partire dal basso la domanda di cambiamento. 
Se le persone smettessero di fare certi acquisti non sostenibili per farne altri sostenibili, metterebbero in scacco la parte pigra del sistema che sta rimandando la presa di coscienza.

All’interno come all’esterno: le organizzazioni impattano sulla realtà circostante. Come ha risposto alla sfida del presente McCann Worldgroup Italia?

Il nostro network sia a livello internazionale sia locale ha già innescato la trasformazione. Ci sono già da un paio d’anni programmi formativi sulla sostenibilità per tutti i dipendenti e processi di economia circolare rivolti al risparmio dei natural capital, alla riduzione delle emissioni, al reverse logistic, al riciclo, e alla adozione di servizi al posto di prodotti.

L’intero network sta per rilasciare una sustainability policy che renderà l’intera organizzazione carbon neutral molto prima di quanto stabilito dal Paris Agreement.
E poi c’è una nuova cultura creativa che mette la sostenibilità al centro di ogni progetto: non siamo più interessati a presentare idee “ownable” ma idee “sharable”, che diano l’esempio e che contribuiscano a mettere in moto un circolo virtuoso etico e valoriale.

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