In arte ‘Asker’, Davide Carioni nasce come graffiti writer e parallelamente come motion graphic designer, da qui il passaggio al video mapping. Direttore creativo e co-founder di WÖA Creative Company lancia un appello al settore: “Ripensare i vecchi format e tempistiche”
Cos’è il video mapping?
È un mezzo di comunicazione utilizzato per veicolare un messaggio e creare magia attraverso illusioni ottiche.
Permette di dare vita a oggetti inanimati, cambiargli forma e trasformarli in qualcosa di straordinario. Si basa sulla tecnica di video produzione che intrinsecamente si fa portatrice di uno storytelling e quindi di un messaggio.
Attraverso la videoproiezione si dona una nuova “pelle” a superfici tridimensionali come monumenti, edifici, automobili, ecc…
Per sua natura è una forma d’arte site-specific in quanto progettata ad hoc per quella superficie e quel determinato momento e luogo fisico.
Come si è avvicinato a questa forma d’arte?
La tridimensionalità è sempre stata la forza generatrice dei miei lavori, dai graffiti ai video, che negli anni si sono contaminati a vicenda.
La street art poi è una forma d’arte per sua natura site-specific, il che mi ha rapportato con l’ambiente urbano, gli edifici e le grandi superfici.
Non ultimo, i miei studi di informatica e di product design mi hanno dato la conoscenza tecnica e un “metodo” mentale per approcciarmi a tutto il mondo tecnologico.
Negli ultimi anni ho preso sempre più consapevolezza di questo mio percorso e tutti i vari puntini si sono uniti in un disegno organico.
Quali i lavori di cui è più orgoglioso?
Direi l’ultimo video mapping che abbiamo fatto alla Farnesina per il Bright Festival: “Pay inattention”.
In questo lavoro c’è l’essenza di WÖA, abbiamo finalmente potuto usare il video mapping come mezzo artistico per comunicare un concetto, porre una riflessione e l’accento su un tema che ci tocca in prima persona, ossia quello della infodemia.
Anche a livello stilistico abbiamo voluto “svecchiare” il video mapping dai soliti stilemi grafici (crolli e ricostruzioni di pareti, esercizi di 3D) in modo che visivamente accentuasse il disagio espresso dal tema concettuale.
Come state vivendo questo momentaccio a livello lavorativo e creativo? Che impatto ha avuto il lockdown sull’agenzia?
Inutile nascondere che sull’agenzia il blocco del mondo eventi sta avendo un grosso impatto.
Ma stiamo vivendo questo periodo difficile come una grande opportunità di riflessione e riprogettazione sotto molti punti di vista.
Dai valori umani agli effetti sull’ambiente, stiamo riflettendo molto sui nostri processi interni all’agenzia, su come lavoriamo, fino ad arrivare ai prodotti e servizi finali.
Penso che sia stupido, dati gli enormi sforzi che stiamo facendo, non cogliere questa forzatura come opportunità per sradicare mindset e abitudini malsane e vetuste.
Stiamo cercando di porci le domande giuste prima di affrettare soluzioni.
Sperimentiamo molto sia a livello creativo che tecnologico perché sono convinto che sia il momento di scardinare i “si è sempre fatto così”, riprogettando con occhi nuovi per trovare soluzioni intelligenti che possano introdurre un cambiamento migliorativo nel futuro post-covid.
La tecnologia è stata preziosa in questo lungo lockdown. L’arte digitale ha una marcia in più in questo momento?
La tecnologia è solo uno strumento, come un martello può essere usato per piantare un chiodo o fare un danno…
Non credo sia più preziosa ora rispetto a prima, semplicemente ora è la risposta pronta e più “facile” a tanti disagi, ed è giusto che venga sfruttata per questo.
L’arte digitale ha il vantaggio di essere nativamente e intrinsecamente tecnologica, quindi sfrutta la sua mancanza di fisicità per essere maggiormente trasmissibile in questo periodo.
Anche le altre forme d’arte sono motivate a muoversi per sfruttare i vantaggi tecnologici in questo momento… e probabilmente nasceranno spontaneamente nuove forme di arti miste e sperimentali bellissime!
Non bisogna però cadere nel tranello di pensare che la tecnologia sia improvvisamente la panacea a tutti i mali, che potrebbe risolvere qualsiasi cosa… non è così e non è nemmeno l’unica strada possibile.
Torniamo al discorso che prima bisogna porsi le giuste domande e poi fare lo sforzo di progettare le soluzioni, non cercare sempre la soluzione pronta e facile, non è detto che sia quella giusta.
Negli eventi la tecnologia va utilizzata e dosata bene, non si può pensare che improvvisamente possa sostituirli.
Il binomio arte e tecnologia è il nostro modus operandi da sempre: l’arte può sfruttare la tecnologia per aumentare il suo potere comunicativo ed emotivo, per esplorare nuove forme multisensoriali.
Mentre la tecnologia non è nulla senza una mente creativa che possa combinarla ed esprimere al massimo il suo potenziale.
Lo smart working vi sta aiutando, annoiando, ostacolando?
È difficile dirlo non essendo in una situazione lavorativa a “pieno ritmo”. In questa fase molto creativa di certo non ci sta né annoiando e nemmeno ostacolando. È un’altra cosa che sperimenteremo e valuteremo se continuare dopo la quarantena e in che termini.
Gli eventi sono un mercato che sta soffrendo particolarmente in questo momento. Come state pensando di utilizzare la vostra arte nella fase 2? Come sarà il futuro eventi, concerti, mostre?
Speriamo si reinventino!
Sarebbe un peccato non sfruttare questa ‘occasione’ per abbattere preconcetti e format ammuffiti. Credo che le proiezioni e i video mapping possano avere una sorta di rinascita proprio nella fase 2!
Potranno essere usati per creare spettacolari set e palchi proiettati e interattivi con i relatori ad esempio. Sinceramente non credo molto nelle soluzioni di “virtual stage” (il classico omino del meteo, per intenderci) che stanno nascendo, le sento come una soluzione “tappabuchi temporanea” e asettica.
L’utilizzo della proiezione e del video mapping invece può trovare il giusto balance tra spettacolarizzazione, immersività e interazione, ma con un “calore” completamente diverso seppur fruito in streaming.
A differenza di un set virtuale, dove il relatore è scontornato e inserito in un ambiente 3D, il video mapping colloca il relatore nell’ambiente fisico restituendo una sensazione più calda e una pasta di “realtà” che è fondamentale dal momento che siamo privati del contatto fisico.
Oltre alle proiezioni stiamo sviluppando sistemi basati sulla realtà aumentata e virtuale in modo da poter progettare ‘mixed experiences’, sia per gli eventi ma anche nel campo artistico e culturale come mostre, musei, scuole…
Cosa si porterà e si terrà stretto nel postcovid?
Di certo si sono abbattuti dei muri (per lo più mentali) tra “fisico” e “digitale”.
Mi aspetto un bilanciamento, una coesione e una convivenza organica di questi due elementi in futuro.