L’arte è per lei un modo di essere, e sulla creatività dice: “È qualcosa che ci attraversa così come la vita”. Bimba Landmann è autrice e illustratrice di libri per bambini e adulti, insegnante e formatrice. Nelle sue creazioni porta il suo sogno da bambina: “Una speranza e desiderio di cambiamento che l’uomo prima o poi dovrà fare. Quando l’uomo comincerà ad attingere alla sua parte creativa – afferma – e la vorrà condividere con gli altri, allora il mondo sarà davvero bello”.
Come è nata la tua passione per l’arte e il tuo percorso da illustratrice?
Ero una bambina che adorava disegnare e inventare storie. Ero molto appassionata di quaderni e libricini che a volte creavo da sola, illustravo e scrivevo brevi narrazioni. La vera folgorazione è arrivata durante una gita con la scuola al Museo di San Marco a Firenze con le celle dipinte da Beato Angelico e dove c’è uno spazio dedicato ai Libri Miniati. Ricordo ancora la sensazione che ho provato nel vedere quel colore Oro, splendido, e quel Blu Oltremare. Dopo questa esperienza ho continuato a disegnare così come può fare un bambino da solo. Ai tempi, avevo deciso di non studiare più dopo la terza media e di cominciare subito a lavorare, ma la mia passione continuava a chiamarmi. Così ricominciai a formarmi e mi iscrissi al Liceo Artistico e successivamente all’Accademia delle Belle Arti a Milano. Durante l’Accademia seguivo anche un corso serale di illustrazione, che non ho portato a termine perché era direzionato verso la pubblicità. Da lì ho capito che volevo fare libri per i bambini.
Dopo l’Accademia cosa è successo?
Conclusa l’Accademia ho conosciuto Štěpán Zavřel, maestro di illustrazione e di vita. La sua presenza è stata dirompente nel mio percorso. L’avevo incontrato alla Fiera di Bologna, qualche tempo dopo ho ricevuto una sua cartolina, illustrata da lui stesso, dove mi invitava al suo corso a Sarmede. Ho accettato e, una volta ritornata a Milano, non riuscivo più a vivere le cose che facevo prima. Così ho chiamato Štěpán Zavřel per raccontargli quello che mi stava accadendo. Lui mi disse semplicemente: “Beh prendi la macchina, porta i colori e vieni qui a lavorare”. Così ho fatto. Sono stata lì da lui a Rugolo di Sarmede per un mese intero; un periodo in cui mi sono molto fortificata. Zavřel era molto generoso con i giovani e questo mi ha aiutato a spiccare il volo. Successivamente ho tentato di trovare degli editori con cui lavorare. Ho cominciato a collaborare con Arka Edizioni, ho avuto la fortuna di vedere pubblicati i miei libri in più di 22 lingue. Questo per me è stato proprio un dono. Nel tempo, poi, ho pubblicato con altri editori. Attualmente ho una collaborazione con Camelozampa con la quale ho realizzato la Trilogia dei viaggi interiori. In questo momento della vita è la cosa più preziosa che mi è capitata e grazie alla quale ho cominciato anche a fare formazione sia con i bambini, con cui già lavoravo, che con gli adulti e gli insegnanti. In questo periodo ho anche una collaborazione con la scuola di Arteterapia La Cittadella di Assisi, dono che mi è stato fatto grazie a Tiziana Luciani, arteterapeuta, psicoterapeuta e giornalista con cui faccio questi laboratori. (Qui il sito di Bimba Landamann)
Che cosa significa per te l’arte e che funzione ha? Cosa è stata per te in tutti questi anni?
Mi ricordo che da bambina, quando i miei genitori mi portavano in visita ai musei, raccoglievo le cartoline che trovavo da cui poi ricopiavo le immagini con il carboncino. L’arte è sempre stata fonte di nutrimento, benessere, ricerca, sfida e viaggio. Di viaggi per vedere musei e quadri ne ho fatti davvero tanti. Oggi in me si è modificata questa visione. Per me oggi l’arte è fare e creare con le persone qualcosa insieme; dare alle persone che frequentano i miei laboratori gli strumenti con cui poter aprire la propria porta personale della creatività. Questo è un tipo di lavoro che ho cominciato a fare in maniera molto naïf quando ero giovane, avevo iniziato a collaborare con una Onlus che lavorava in carcere. Questa cosa mi piaceva moltissimo e mi ha permesso di inventare un linguaggio per permettere alle persone di trovare le proprie risorse interiori.
A proposito di creatività, che cosa è per te e come aiuti gli altri a tirarla fuori?
Gli antichi a riguardo dicevano che che veniamo visitati dalle Muse; ci sono veramente molte teorie su questo argomento che ne parlano come di qualcosa che fa parte di un grande territorio del mistero. Una visione molto affascinante. Un altro aspetto interessante della creatività, secondo la mia esperienza, è che è una forza che genera quasi da sé. Mi spiego meglio: tempo fa mi sono trovata a vivere un momento difficile, nel quale mi chiedevo se questo mio lavoro potesse ancora andare bene per me e se attraverso esso avessi ancora da comunicare. Questa domanda generava in me una profonda crisi perché per me il lavoro è passione a 360°. In quel momento mi è capitata una cosa davvero incredibile: la mia creatività andava per conto suo. Mi arrivavano delle idee sulle mappe che non rispecchiavano il mio stato d’animo brullo, arido e spento: in me c’era una fonte che continuava a buttare fuori da sé. Un po’ come quando diventiamo grandi, ci trasformiamo, e sappiamo che il merito non è del tutto nostro: è la vita che compie questo viaggio incredibile. Noi poi magari aggiustiamo il tiro, cerchiamo di tenere la barca in equilibrio però effettivamente non è tutta opera nostra. I bambini quando sono ancora molto piccoli e non sono ancora giudicati dalla scuola hanno un piacere immenso a disegnare, a creare, per loro è naturale.
Gli adulti come vivono la creatività?
È molto interessante far trovare agli adulti il loro bambino interiore, il piacere di creare. Per questo ho messo a segno una serie di trucchetti che funzionano per far spegnere in loro gli occhi giudicanti, su se stessi prima di tutto. Nel momento in cui questa magia accade le persone si avventurano nella loro creatività con un entusiasmo veramente dirompente. Per far ritrovare loro il piacere della creazione uso come materiali gli acquerelli che permettono al “caso” di agire insieme alla persona, che così può vedere con i suoi occhi che non è totalmente responsabile di tutto quello che accade. Questo processo li aiuta a sentirsi liberi e a esplorare il proprio mondo interiore senza giudizio.
Come nascono i tuoi libri illustrati?
Il libro “Mappe delle mie emozioni” è arrivato come un’idea folgorante che poi ho proposto alle editrici di Camelozampa; due donne meravigliose e coraggiose che hanno abbracciato subito la mia proposta che poi, con grandissimo rispetto, abbiamo portato avanti insieme. Sono state molto rispettose delle mie idee: hanno ad esempio accolto l’utilizzo del blu turchese, un quinto colore che ha un costo in più per la casa editrice, e hanno mantenuto la proposta di un formato grande per il libro, che si sarebbe meglio adattato al tema delle mappe. Altri libri invece hanno una creazione più sofferta; altri ancora nascono in contemporanea a un altro progetto, così come è accaduto quando ho proposto il secondo libro della Trilogia, “l’Enciclopedia dei miei amici immaginari”. Mentre poi davo vita al secondo volume, è arrivato anche il terzo “L’erbario dei miei sogni”.
E dopo che sono arrivate le idee, che cosa accade?
Comincia il momento della ricerca: leggo tantissimi libri, prendo appunti, faccio schizzi e comincio a segnarmi i contenuti, le parole importanti, le cose da non dimenticare e poi, piano piano, comincio a capire quali temi inserire nel libro. Il passaggio successivo consiste poi nel creare uno storyboard, uno schizzo in bianco e nero di tutto il libro, in modo che l’editore possa valutare cosa tenere, se eventualmente togliere delle parti o integrarne altre.
Alla fine, una volta che lo storyboard è approvato, si parte con la colorazione; poi magari durante il percorso ci sono dei piccoli aggiustamenti da fare. Durante questo processo attraverso poi una fase tutta mia – che mi accade subito dopo l’arrivo delle idee – che però probabilmente hanno tutti, perché fa parte del processo della creatività. È la fase in cui magari non arrivano delle idee nuove; un passaggio che può succedere perché, così come c’è la primavera, c’è anche l’inverno. Con questo intendo dire che è normale che le idee siano dentro di noi come dei semi che sedimentano e lavorano “al buio” nel nostro mondo interiore, però io col mio carattere, nonostante abbia 55 anni, vivo questo momento come un grande dolore perché quando non creo non sto bene. Invece nel momento in cui ho molte idee e non so che strada prendere e le strade continuano a biforcarsi in innumerevoli possibilità, facendomi sentire come in un labirinto, la presenza dell’editore è preziosissima perché mi aiuta a ritrovare la strada da intraprendere, mi aiuta a mettere dei limiti e questo mi fa sentire bene. È un po’ come trovarsi in una stanza al buio, tu cammini, metti le mani davanti ma non trovi mai i muri. L’editore è colui che mette questi muri, quei confini buoni che servono a dare concretezza alla vastità delle idee che mi arrivano. Successivamente, dopo questo passaggio difficoltoso per me, arriva la parte bella perché le idee cominciano a essere precise e questo mi permette di creare lo storyboard.
Che cosa pensi di donare alle persone quando partecipano ai tuoi laboratori?
Durante i laboratori avviene che spesso le persone riescono a entrare nella loro interiorità, io non dono nulla. Ad esempio, se potessi definire con una frase la mia Trilogia sicuramente sarebbe questa: “libri che ispirano”; i miei non sono libri che ti dicono cosa devi fare, come funzioni, come funzionano le cose o addirittura quanto è bello quello che ho fatto. Anche nei laboratori, semplicemente propongo di accendere insieme una scintilla, e accade sempre. Il fatto incredibile è che questa interiorità appartiene a loro e non a me, anche gli adulti riescono ad aprire la loro porta della creatività che, in molti casi, è rimasta chiusa per moltissimo tempo. Non è qualcosa che dono io, ma un qualcosa che le persone ritrovano di loro stesse. È un processo molto inaspettato ogni volta perché ognuno esterna in modo diverso la propria sensazione di aver ritrovato la creatività. Per me tutto questo è un dono, uno scambio. È un far circolare insieme questa energia, si alimenta nello stare insieme.
Qual è la tua poetica?
Amo il Blu con tutte le sue sfumature e mi piace realizzare immagini evocative mai troppo descrittive. Mi piace che in queste immagini ci sia una buona parte di mistero e di impossibilità di spiegare tutto a parole. In questi aspetti mi ci ritrovo e vedo che sono proprio un filo comune nella mia espressività. Il sogno e questi misteri della vita, questa incapacità di arrivare con le parole, sono il mio modo di esprimermi attraverso l’arte.
C’è una frase che ti rappresenta, che parla del tuo modo di fare arte?
“L’arte è portare fuori i sogni che abitano dentro”.
Che cosa è per te il Quoziente Humano?
Ultimamente dal Covid in poi sono abbastanza delusa dagli uomini; ci sono cose che mi fanno molto soffrire come il nostro malsano comportamento verso la natura e verso gli animali ma per non diventare esageratamente pessimistica cerco questo umano, così come lo immagino io, nelle persone e vedo che esiste. L’uomo ha una sua bellezza, generosità e creatività innata però secondo me deve fare ancora un lavoro molto grande. Molti hanno già intrapreso questo cammino, altri invece continuano a seguire delle strade che penso siano dei vicoli ciechi. Continuano a maltrattare il pianeta e tutto quello che ci circonda e hanno un rapporto bruttissimo con gli animali, spero che il quoziente umano possa splendere sempre di più.
Secondo te cosa dobbiamo fare per coltivare la nostra umanità?
Penso che dovremmo imparare a vivere con più misura; questo possesso, questo desiderio di avere sempre più cose non so davvero a cosa ci possa servire. Dobbiamo ricominciare a pensare che siamo su questa terra come ospiti, siamo di passaggio e che non possediamo nulla. Dobbiamo ricordarci che alla fine si muore e cercare di abitare in maniera più semplice questo mondo; lasciare delle orme al nostro passaggio e non distruzione. Ultimamente ho molto rispetto per i popoli come gli Yanomami del Brasile che vivono in maniera semplice, non hanno proprietà ma vivono comunque in maniera dignitosa. Quelli che noi chiamiamo “selvaggi” e che io invece non ritengo tali, anzi…
Vivere la vita con creatività
Credo nel valore della creatività che non è solo il fatto di fare un disegno ma è proprio di inventare il proprio destino, di crearlo. L’ultimo libro della Trilogia è proprio dedicato al sogno, da quello notturno a quello ad occhi aperti, fino a quello che si realizza. Un sogno che diventa collettivo e poi sogno vero. La cosa che mi piace di più è che poi questo “sogno” si porta nel mondo, si condivide, è concreto. Una speranza e desiderio di cambiamento che l’uomo prima o poi dovrà fare.
C’è un’altra espressione artistica che può aiutare l’uomo a contattare questa sua capacità di rendere concreti i propri sogni?
Credo sia la poesia. I poeti in genere vivono la semplicità delle piccole cose, della meraviglia, del ringraziare il mondo dei doni che ci dà. Penso che la poesia ci possa avvicinare a questo sentire e ci possa aiutare a riconnetterci alla nostra capacità di creare i nostri sogni, alle nostre qualità interiori più belle.
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Arteterapista ed editor