Meliza

Donne e lavoro, le richieste di ActionAid per il Recovery Plan

Misure ancora limitate, frammentarie, emergenziali e poco strutturate. È quanto contenuto nella bozza attuale del Piano nazione ripresa e resilienza (PNRR) che il Governo Draghi si appresta a riscrivere. Il Piano aveva e avrà in questa nuova stesura come obiettivo primario il raggiungimento di un’effettiva parità di genere, come richiesto dall’Unione europea, attraverso l’incremento dell’occupazione femminile. Un obiettivo che senza un ripensamento generale delle politiche rischia di fallire e vedere negati i diritti delle donne. Le misure da adottare vanno riviste seguendo un approccio che tenga insieme il genere – quindi non solo le donne in generale – ma anche le altre variabili che determinano l’esclusione delle donne: le diverse fasce d’età, i diversi settori di impiego, l’iniqua distribuzione del carico di cura, lo status migratorio.  
In questa prospettiva complessa, particolare attenzione deve essere prestata alle giovani, alle migranti, alle donne inserite in percorsi di uscita dalla violenza e alle lavoratrici in settori a scarsa tutela le cui condizioni di vita e lavoro, già poco tutelate, sono peggiorate a causa della pandemia. 
Durante l’emergenza sanitaria il quadro già difficile per le donne si è ulteriormente aggravato: su 444mila posti di lavoro persi nel 2020, ben il 70%, quindi 310mila, sono stati di donne. Ad essere maggiormente colpite sono le lavoratrici autonome, con contratti precari, le donne prese in carico dai centri antiviolenza già inserite in percorsi di autonomia ed inserimento lavorativo prima dello scoppio della pandemia che si sono viste sospendere contratti e tirocini e le donne migranti, impiegate in settori produttivi di bassa qualifica, scarsa tutela e retribuzione. Le giovani NEET, ragazze al di fuori di percorsi di studio e lavoro, nel 2020 sono aumentate di 36mila unità (+2,7%) mettendo in evidenza, anche in questa categoria, un divario di genere: le giovani rappresentano infatti il 30,6% contro il 20,2% dei ragazzi. Durante la pandemia è aumentato il lavoro di cura per le donne di ben 4 ore al giorno, soprattutto a causa della chiusura delle scuole e dei servizi dell’infanzia3. Gli interventi finalizzati a sostenere il lavoro di cura come il bonus babysitting o i congedi parentali straordinari introdotti dal DL Cura Italia e il DL Rilancio si sono purtroppo rivelati insufficienti. 

Le richieste di ActionAid per il Recovery Plan

Donne in agricoltura

Seguendo questo approccio partecipativo, le  lavoratrici impiegate in settori ad alto rischio di sfruttamento come l’agricoltura, devono poter essere coinvolte, insieme alle comunità locali, nello sviluppo di politiche di welfare e politiche lavorative  rispondenti ai loro bisogni ma anche sensibili al genere e alla cultura. Tale processo non può prescindere dall’assicurare che le loro condizioni di vita e di impiego siano in linea con l’agenda del lavoro dignitoso e con il diritto di vivere una vita senza violenza dentro e fuori i luoghi di lavoro.  

Il lavoro per le donne fuoriuscite dalla violenza

Per quanto riguarda i percorsi di empowerment socioeconomico di donne fuoriuscite da percorsi di violenza, il PNRR in stretta connessione con il futuro Piano antiviolenza 2021-2024 dovrebbe poter contribuire a favorire l’accesso al mercato del lavoro attraversopercorsi personalizzati, sostenuti anche da azioni di riqualificazione professionale e misure dedicate (es. sostegno temporaneo al reddito), oltre a programmi di sensibilizzazione rivolti alle aziende, che facilitino anche l’adozione di strumenti e procedure per prevenire e contrastare le molestie e la violenza sul luogo di lavoro, in linea con la Convenzione OIL 190 recentemente ratificata dall’Italia. Inoltre, per migliorare l‘incrocio tra l’offerta e la domanda di lavoro di questa specifica tipologia di lavoratrici, di cruciale importanza è che coinvolgano i diversi soggetti rilevanti sul tema: istituzioni locali, aziende, sindacati, realtà del terzo settore, CAV, centri per l’impiego a supporto non solo dell’inserimento lavorativo delle donne ma del loro intero percorso di empowerment socioeconomico.  

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La storia di Elena (40 anni, Padova): “Ad un certo punto della mia vita pensavo di essermi veramente abituata a vivere nella sofferenza, che quello ormai fosse il mio destino. Grazie alla forza che mi ha dato mia figlia sono riuscita a trovare il coraggio di chiedere aiuto al centro antiviolenza e di provare a voltare pagina. Quando mi hanno proposto di fare uno stage come aiuto chef ero contenta: cucinare è sempre stata una mia passione. Dopo lo stage ho iniziato a lavorare con un contratto a tempo determinato e proprio qualche settimana prima del lockdown mi è stato proposto di rimanere. Poi è arrivato il Covid e i ristoranti sono stati chiusi. Ho perso la possibilità di avere un contratto e, di conseguenza, non ho potuto cercare una casa tutta mia in affitto. Vivo ancora in una casa di accoglienza e sto aspettando di avere un lavoro stabile per essere davvero autonoma”. 

Le giovani che non studiano e non lavorano

Urgente è anche l’attivazione di politiche, servizi e interventi che rispondano ai bisogni delle giovani NEET. Sarà infatti la popolazione giovanile, in particolare NEET, a scontare le gravi conseguenze socioeconomiche nel breve, medio e lungo periodo ed è per questo che è necessario dare avvio in tempi rapidi a misure dedicate che, da un lato, prevengano l’aumento della popolazione NEET in Italia e dall’altro che diano risposte adeguate che tengano conto della complessità e diversificazione di tale gruppo sociale. Ciò può essere fatto solamente a partire da una lettura approfondita delle cause e delle conseguenze del fenomeno in questione. Particolare attenzione deve essere prestata alla componente straniera e soprattutto a quella femminile, i cui livelli di vulnerabilità sono ulteriormente aumentati a causa della pandemia.  

La storia di Meliza (26 anni, Milano) “Mi è stata diagnosticata una malattia legata al sonno che ha condizionato molto la mia vita. Mi sono chiusa in casa e quando capitava di stare in posti affollati avevo attacchi di panico. Poi ho partecipato ad un progetto di ActionAid che è stato come un trampolino di lancio per me. Mi ha aiutato a ritrovare la motivazione e a fare dei colloqui di lavoro con aziende che volevano assumermi. Quando è arrivato il Covid tutto si è interrotto e mi è sembrato di ritornare al punto di partenza, chiusa in casa con i miei genitori. Senza un lavoro è difficile immaginare un futuro” .

“Questi dati sono allarmanti e non possono essere ignorati dalla politica – dichiara Rossana Scaricabarozzi, Responsabile Gender and Economic Justice Unit di ActionAid Italia- Il PNRR è un’opportunità senza precedenti che non va sprecata per mettere le basi per un’effettiva parità di genere: occorre sostenere quei settori economici più colpiti dalla crisi dove sono impiegate per larga parte le donne e le giovani. È necessario investire in infrastrutture sociali che rafforzino i servizi di cura ora tutti sulle spalle delle donne, e nelle misure di lungo periodo che creino davvero equità nella divisione di genere del lavoro, quello retribuito e non retribuito. Tutto questo non sarà possibile se non ci sarà la piena partecipazione delle donne ai processi decisionali, inclusi quelli che definiranno il Recovery Plan italiano, e alla progettazione di servizi e misure che impattano sulla loro vita”. 

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