“L’architettura che anticipa il futuro è più resiliente, più accomodante.
Quello che cerco di portare nella discussione è come questa fantasia spaziale possa ispirare i cambiamenti futuri della nostra società e indicarci possibilità diverse per vivere insieme”.
Hashim Sarkis, architetto libanese, definisce un atto di inclusione la scelta con cui la Biennale Architettura 2021 lo ha nominato curatore dell’edizione dal titolo ‘How will we live together?’, ‘Come vivremo insieme’, inaugurata lo scorso sabato 22 maggio e aperta fino al prossimo 21 novembre.
Inclusione, condivisione, collaborazione sono parole che spesso ritornano nell’intervento di Sarkis alla conferenza stampa che ha preceduto l’avvio dell’evento.
Collaborazione, a partire dalla realtà del mondo di cui parla: “L’architettura non è in grado di esprimersi da sola – spiega – ha bisogno della collaborazione di altre arti”, la stessa che ha caratterizzato e caratterizzerà i prossimi mesi della Biennale Architettura, “un luogo di incontro”.
Un’edizione che, sottolinea il presidente della Biennale di Venezia, Roberto Cicutto, “non si potrà giudicare solo dai numeri, che dipendono dalle condizioni in cui ci si potrà muovere. Quello che è importante è che da tutto il mondo sono venuti quasi tutti i responsabili delle installazioni e questo è già un grandissimo successo”.
Dei partecipanti, 72 sono donne e 213 uomini; 12 sono gli under 35; 55 gli under 40; il 96% studi di architetti vengono per la prima volta; 55 dall’europa e 2 dall’Italia.
“Sentiamo da parte di tutti la soddisfazione di esserci, perché pensano sia importante per un dialogo che possa continuare e portarci a riflettere e a soluzioni che non ci facciano ripetere errori del passato”, sottolinea ancora Cicutto.
La pandemia passerà, rispondiamo alle cause che l’hanno generata
Mi chiedono come la pandemia ha cambiato l’architettura e come l’architettura risponderà, racconta Hashim Sarkis, “quando ho fatto la stessa domanda ai partecipanti a questa Biennale sono stati tutti d’accordo sul fatto che, in questa edizione, quanto fatto non risponde tanto alla domanda su cosa fare dopo la pandemia, quanto a quella sulle cause della stessa pandemia: cambiamento climatico, migrazioni di massa, ingiustizia sociale e necessità di creare piattaforme di conciliazione. La pandemia passerà, ma a, meno che non si risolvano queste cause, non potremo andare avanti”.
Gruppi tematici trasversali che, come nella vita, anche nella mostra si accavallano, sottolinea Sarkis, per dare forma a “un nuovo contratto, che ispirerà i prossimi contratti sociali”.
Parla di ‘Comunità emergenti’, di un ‘unico pianeta’: “ci stiamo sforzando di immaginare meccanismi per risolvere questi problemi”.
Spazio orizzontale: un punto di partenza uguale per tutti
Sono tre le qualità speciali che emergono dai progetti esposti nella Mostra di Venezia, secondo il suo curatore, a partire dalla disposizione spaziale: da un livellamento orizzontale, necessario a creare un punto di partenza uguale per tutti.
“Anche dal punto di vista sociale – spiega -, creando una orizzontalità nelle città, nei paesaggi, che permetta il nascere di flussi.
“Lo vedete nella foresta che attraversa l’intero pianeta perché specie collegate tra loro possano dare vita a un ambiente vivace – continua Sarkis -; si vede nelle condizioni di alcune città, che in Angola come a Los Angeles, creano un terreno capace di collegare le comunità, per rimuovere barriere“.
Sandel (Michael, filosofo, ndr), aggiunge il curatore “parla della necessità di ristorare il bene comune e di come lo spazio comune ci sia stato tolto, privatizzato, commercializzato. Un modo per tornare a quel bene comune è creare spazi in cui le persone si possano incontrare in modo informale, ogni giorno, invece che essere separati. E questa idea di essere su un piano orizzontale porta con sé implicazioni spaziali e sociali”.
Architettura e ponti: collegamento tra realtà
“I ponti collegano la terra al mare – ricorda Sarkis -. Un ponte collega ma al tempo stesso ti da una posizione sopraelevata da cui vedere meglio il mondo.
E quando ci troviamo in mezzo a un ponte, ci possiamo permettere una visione diversa rispetto a quando siamo da una parte o dall’altra”.
Dentro e fuori
“La nostra vita familiare si è evoluta e diversificata, ma continuiamo a replicare fino alla nausea il modello della casa familiare nucleare insieme agli intrinseci pregiudizi di gerarchia e privacy”, è il pensiero di Sarkis: “le nostre relazioni sociali sono diventate più diffuse e diversificate e tuttavia lo spazio della comunità è ancora incentrato su valori associativi che tendono a essere più chiusi in se stessi e claustrofobici”.
“Continuiamo ad abitare case e città costruite su idee di ‘bella vita’ ormai superate. La resilienza architettonica di questi spazi può anche essersi adattata alle nostre mutevoli esigenze nel tempo, ma essi hanno ormai raggiunto i limiti della loro flessibilità”.
Ecco allora che, spiega in conferenza stampa, “molti dei progetti sono costituiti da un recinto preliminare che permette alle persone, stando all’interno, di rendersi conto che c’è un esterno”.
O, ancora, usano il ‘recinto’ dell’architettura, come un portale verso un mondo altro, una cultura altra, da conoscere in primo luogo e rispettare. “Delineare l’imprevedibile”, vedo molto di questo nei progetti, “permettere possibilità diverse di aggregazione”.
Un nuovo contratto spaziale
“Cinque persone entrano in una stanza in cui ci sono solo quattro sedie. Chi si siede e dove? Possono fare il ‘gioco delle sedie’ . E questo è un contratto spaziale”, per Sarkis. “Possono anche allineare le sedie per formare una panchina che le possa accomodare tutte. Questo è un altro. Una città decide di costruire una nuova metropolitana: quali parti collega e quali tralascia? Potrebbero esserci problemi economici, rivalità politiche e fattori tecnologici che guidano queste decisioni, ma in qualche modo la disposizione del sistema della metropolitana prevale e diventa un modo in cui una porzione più ampia della popolazione si connette al di sopra e al di là della politica che lega o divide”.
La politica e le politiche “stabiliscono i termini e i processi per la vita collettiva, ma le persone si riuniscono nello spazio e lo spazio contribuisce a plasmare e trasformare il contratto sociale stabilito“, è convinto il curatore della Biennale Architettura: “Quando Aristotele, ad esempio, voleva descrivere la democrazia ideale, non poteva farlo senza la città.
Non possiamo più aspettare che i politici propongano un percorso verso un futuro migliore. Mentre la politica continua a dividere e isolare, attraverso l’architettura possiamo offrire modi alternativi di vivere insieme. Dopotutto, lo spazio spesso precede, proietta e sopravvive alle condizioni umane che lo modellano”.
“Cerchiamo un contratto spaziale – è il suo messaggio – che sia al tempo stesso universale e inclusivo, un contratto allargato affinché i popoli e le specie coesistano e prosperino nella loro pluralità“.
Installazioni e digitale
L’edizione 2021 della Biennale Architettura è caratterizzata da un forte uso del digitale e dalla presenza di installazioni. Una svolta? Installazioni e digitale non sostituiscono le rappresentazioni grafiche, spiega Sarkis, ma semmai la amplificano con movimento e suoni, sottoponendo al visitatore alcuni aspetti del progetto: “E importante la materialità, l’idea che attraverso il momento intenso della esperienza si possa catturare il senso del progetto”.
Ci sono incredibili talenti in questa biennale, chiude Sarkis, e a una domanda sulla esigua presenza italiana risponde: “l’architettura in termini italiani è ben rappresentata. Non c’è stata una discriminazione, ma anzi, gli italiani sono apparsi dappertutto, in molti studi nel mondo”.
Non solo architettura
Con 17 Eventi collaterali, che affiancano la mostra, anche in un anno complesso, Biennale Architettura ha visto rinnovato il sostegno alla sua arte da parte di una serie di sponsor da Rolex, ad Artemide, Edison e Vela Venezia Unica.
E dopo il festival del teatro a luglio, quest’anno la Mostra Internazionale di Architettura incrocerà il Festival Internazionale di Danza Contemporanea dal 23 luglio al 1 agosto, ospitando all’Arsenale, nella sezione della Mostra intitolata Among Diverse Beings, le installazioni e i danzatori-coreografi di Biennale College. Sotto la guida del direttore artistico della Biennale Danza, Wayne McGregor, daranno vita a frammenti coreografici, “istantanee” o “schizzi” sollecitati da segni, materiali e temi della Mostra di Architettura.
“A settembre poi sarà la volta del cinema e a seguire della musica”, ricorda il presidente Cicutto e conclude, “il nostro slogan è ‘Biennale 365 giorni l’anno’, perché si aggiungerà a quanto già facciamo un forte impulso dell’archivio storico delle arti contemporanee, che diventerà un vero proprio centro per la ricerca di studenti, studiosi, addetti ai lavori e non”.
Oltre 30 anni di esperienza nel mondo del giornalismo e della comunicazione aziendale; da oltre 5 anni è consulente alla comunicazione positiva.Si occupa dello sviluppo della persona attraverso strumenti a mediazione artistica espressiva, come professional counselor a mediazione corporea e teatrale