Incontriamo Francesca Masiero, presidente e amministratore delegato di Pba, azienda dell’acciaio inox che da Tezze sul Brenta produce e commercializza in tutto il mondo accessori per serramenti, maniglie, maniglioni con serratura, indispensabili per ospedali. Nel 2019 Pba ha fatturato 18 milioni di euro. L’85% dei ricavi viene dall’estero e il 50% dal mercato Usa e tedesco.
Laureata in filosofia in Cattolica, dopo un master in giornalismo entra come stagista nella redazione di La Repubblica sotto la guida di Federico Rampini.
In piena Tangentopoli, bussa alle porte del carcere di San Vittore e offre gratuitamente la sua collaborazione come ufficio stampa a Luigi Pagano, ai tempi direttore della casa circondariale.
Dopo un secondo master in scrittura per la fiction si sposta nella capitale
ed entra in Lux Vide Roma, come assistente alla regia di varie fiction televisive tra cui Don Matteo.
Nel 2001 fonda Phronesis, l’Associazione Italiana per la Consulenza Filosofica, dal greco φρόνησις, a volte tradotto come il “sapere utile a orientare la scelta”. Dal 2016 è membro del board della casa editrice milanese la nave di Teseo.
Dall’anno scorso è professoressa a contratto presso la Facoltà di Economia della Università di Bergamo con un corso su “Philantropic Strategy, Sustainability and Management Decisions”.
Un percorso culturale e umano che ci affascina, una visione della figura della imprenditrice fresca, radicale e stimolante.
Nella sua formazione umanistica c’è una parentesi al carcere di San Vittore. Come mai quella scelta?
Le cose che mi danno soddisfazione, da cui attingo, sono sempre state di carattere umanistico. Le ho sempre cercate nei miei studi e nella vita.
Ho studiato e lavorato per un periodo a Milano e, passando per andare in piazza Sant’Alessandro, dietro ai poster pubblicitari di Versace e Armani, scoprii che c’era un carcere, proprio in una delle zone dove le case hanno costi proibitivi. E per pura curiosità sono entrata quel mondo.
C’erano gli ex brigatisti rossi che non si erano pentiti. C’erano i loro figli. Bambini che sino ai tre anni dovevano stare in carcere con le madri, che per mancanza totale di affettività riversano su di loro le loro attenzioni. Un rapporto simbiotico che si interrompeva bruscamente alla scadenza del terzo anno.
Problematiche che nel mio percorso di vita non avevo mai incontrato e che inevitabilmente ci devi fare i conti.
Ho imparato a guardare la vita. A stare con tutti. A non dare giudizi. Ad ascoltare quello che ogni vita ha dentro. A mettermi nel background di ognuno. Non ti vengono date solo possibilità economiche, ma anche emotive. L’educazione ti porta a essere felice o drammaticamente infelice.
Quando ha deciso di prendere in mano l’azienda?
Mio padre mi fece la fatidica domanda: “cosa vuoi fare da grande? Hai una visione che ti piacerebbe portare in azienda?”.
Io non avevo messo radici da nessuna parte. E non mi sono sentita di abbandonare tante famiglie che lavoravano in azienda. Una responsabilità che ancora oggi conferma la mia scelta di allora e mi arricchisce ogni giorno.
Sono molto appassionata del mio lavoro. Il mio modo di fare imprenditoria oggi vive anche delle altre esperienze. Una visione da più prospettive capace di riconoscere le difficoltà dell’altro e di ascoltarlo, per potergli dare un ruolo giusto. Far risaltare il talento, renderlo orgoglioso delle sue doti e trattenerlo in azienda.
Le persone importanti che ho incontrato nella mia vita sono quelle che hanno capito quello che potevo fare in maniera eccellente e quello che non sarei mai riuscita a fare. Io questo voglio fare!
Se ho in azienda una persona grandiosa nel progettare, ma non in grado di gestire un team, non c’è nulla di male. Però io imprenditore ti conosco perché parliamo dei tuoi figli, di quello che hai fatto la domenica. Capisco esattamente cosa vuoi dire quando dici quella cosa, o sorridi in quel modo o quando sei in imbarazzo. E’ compito dell’imprenditore valorizzare il lavoratore nell’ingranaggio complesso di un’azienda. Solo così riesci a creare l’armonia. Una fortuna incredibile che deve essere coltivata, e che ti fa svegliare alla mattina.
Le persone hanno bisogno di relazionarsi ed essere riconosciute. Di migliorarsi e di crescere. Lavorare serve per vivere. Allora devi mettere tanta vita nel lavoro.
Fare l’imprenditrice significa prima di tutto proteggere la dignità dei miei collaboratori con stipendi adeguati e proteggere il loro futuro. Vuol dire pagare le tasse, e avere un’azienda sana capace di reggere alle crisi come questa.
Io non lavoro per svendere il mio lavoro e quelli dei miei dipendenti.
La sua azienda è prettamente femminile. Una scelta o semplice casualità?
Le donne non hanno per diritto accesso ai luoghi di leadership. Quando riescono ad arrivarci li gestiscono in maniera più propositiva e con orgoglio. Dal mio osservatorio riscontro che le donne hanno la capacità di proteggere i contatti diretti, di ascoltare e dare risposte costruttive con lungimiranza.
Oggi in azienda posso contare su uno staff di valore, in prevalenza femminile.
La task force voluta dal premier Conte registra una minoranza di quote rose.
Le donne quando prendono una forma di potere devono imparare a circondarsi a loro volta di presenze femminili. Non c’è altro sistema, anche se la maggior parte delle donne in politica non mi sembra abbiano fatto questo tipo di scelta. Agli uomini è concesso di scegliere altri uomini, mentre se viene fatto dalle donne vengono accusate di essere femministe.
Dobbiamo toglierci dall’imbarazzo di fare scelte che gli uomini fanno senza disagio. Siamo ancora nella fase in cui chiediamo scusa per avere ruoli di potere. Confido nelle generazioni saranno, spero, siano più libere e coraggiose nelle loro scelte.
Come immagina il futuro dopo il Covid? Un’occasione per un cambiamento?
La normalità di prima non tornerà. Ma non sono sicura che sarà un cambiamento verso il meglio. Personalmente penso che le differenze sociali saranno amplificate. Chi con creatività vorrà essere tra gli artefici di questa nuova costruzione troverà un modo migliore di vivere, gli altri, che non avranno questa capacità, verranno trascinati e poi forse abbandonati lungo la strada. Non vedo la possibilità di accogliere e di accompagnare tutti.
Siamo una generazione che ha visto solo progresso, che a sua volta trascinava il benessere, ma da una decina di anni questo meccanismo si è interrotto. Un progresso per il progresso senza il benessere non crea società democratiche. Oggi c’è l’ansia di tornare al vecchio stile di vita, anche se non piaceva, invece di provare ad andare incontro a qualcosa di nuovo e provare a riprogettarlo, provando a migliorare. Non esiste la salvezza individuale.
Se l’imprenditore lavora solo per il profitto non cè futuro. La speranza è un costo che si deve accollare.
Abbiamo perso la lungimiranza, non siamo più interessati al futuro, ma siamo convinti di avere la disponibilità di un eterno presente. Le due cose insieme sono deleterie per creare un mondo sostenibile.
La tecnologia ed economia possono ancora convivere?
La tecnologia, come diceva Emanuele Severino, ha come scopo eliminare la scarsità. Il capitalismo vive se la scarsità rimane, quindi prima o poi soccomberà alla tecnologia.
Anche se è vero che capitalismo è la forma di istituzionalizzazione dell’azione dell’uomo, non sono convinta che anche la tecnologia alla fine non sarà stritolata da quell’ansiogeno egoismo che appartiene al capitalismo e all’uomo. La tecnologia come sostiene Umberto Galimberti non è più uno strumento nelle mani dell’uomo, ma è come se fossimo diventati gli agenti di commercio della tecnologia. La sponsorizziamo in ogni singolo momento della nostra giornata.
Credo che la tecnologia, eliminando la scarsità, farà sì che il capitalismo diventi sempre più di sfruttamento.
La democrazia avrà un ruolo fondamentale, ma dipenderà da come sarà capace di evolvere.
Capitalismo e democrazia insieme sono molto pericolose, come osservava Tocqueville. Tutti possono avere accesso a tutto, insostenibile per il mondo, con conseguenze per l’ambiente. Perché il mondo possa reggere dovremmo mettere nel capitalismo filantropia e umanesimo. Mi domando se ne siamo capaci. Ma dobbiamo provarci, credendoci. E’ nostra responsabilità.
Cosa rimarrà di quella libertà a cui eravamo abituati?
Le conquiste di libertà, penso a Mandela o Gandhi, sono state attuate e gestite da luoghi come il carcere. La mancanza di libertà non blocca la creatività. La libertà in questo momento è responsabilità. Non puoi essere libero se non accetti di avere le tue responsabilità. Altrimenti rischi di essere sempre sulla scia della libertà di altri.
Pba è leader nel proprio settore. Come avete reagito a questa crisi portata dal Covid?
Come azienda che produce e commercializza in tutto il mondo maniglie, maniglioni con serratura, indispensabili per ospedali, non abbiamo mai smesso di lavorare. Così da metà febbraio scorso, quando l’emergenza del Coronavirus non era ancora esplosa, ho fatto scorta di mascherine FFP3 per i miei 120 dipendenti e li ho obbligati a indossarli. La collaborazione da parte dei miei dipendenti è stata immediata. La relazione con tutti i miei collaboratori ha permesso di affrontate questa impresa insieme, senza di loro non sarebbe stato possibile. Un imprenditore non deve mettere il verbo avere davanti alla parola impresa, ma fare e costruire impresa con i propri collaboratori. Questo ti porta a costruire relazioni solide in azienda e fuori.
Nel periodo del lockdown ci siamo rafforzati e abbiamo cominciato a farci domande sul dopo.
Abbiamo seminato tantissimo, soprattutto con il mercato Usa. Con i clienti americani, i primi dieci studi di architettura che costruiscono le città negli Stati Uniti, abbiamo cominciato a chiederci di cosa ci sarebbe stato bisogno per la costruzione della nuova normalità, per far crescere insieme le idee e dare risposte. Gli spazi non saranno più abitati come eravamo abituati e andranno ripensati, così come le maniglie e gli accessori per l’edilizia che devono essere rinventati con nuovi materiali come il rame, metallo antibatterico er sua natura.
Ora siamo in fase di brevettazione per nuovi prodotti e c’è molto fermento!
Questa crisi ci ha insegnato a utilizzare lo smart working…
Chi vorrebbe accesso allo smart working dovrebbe poterlo avere, mi piacerebbe che non fosse sempre la donna ad essere relegata in questo ruolo che alla lunga diventa penalizzante. Io per esempio ho il problema contrario. Nella prima fase di questa crisi ho dovuto mettere in smart working tanti collaboratori, però erano in pochi quelli che volevano stare a casa. Proprio oggi ho chiesto ai miei colleghi se fossero favorevoli a continuare a lavorare in smart working. La risposta è stata quasi all’unisono no. Le persone hanno bisogno di contatti umani e di confrontarsi. Sentire la vicinanza. E’ emozionante la possibilità di parlarsi in maniera normale, che spesso consideriamo sempre eccezionale. Il Covid ci ha avvicinato e le maschere sono cadute.
Progetti culturali sponsorizzati da Pba SpA
2008 Ristrutturazione Teatro Carignano Torino – pubblicazione del libro “Gabriele Basilico – Teatro Carignano”. Mostra fotografica alla MEP a Parigi
2012 Museo Peggy Guggenheim (VE) – Mostra fotografica e festa dedicata all’immenso Gabriele Basilico. Forse sapevamo di salutarlo per l’ultima volta. Ci lascerà pochi mesi dopo.
(2017 – in corso) Venice Garden Foundation (VE) – Progetto di restauro dei Giardini Reali di Venezia.
(2016) Rassegna Letteraria Resistere – Palazzo Roberti(Bassano del Grappa)
(2016) La Milanesiana (MI e Italia)
(2017) Rassegna Letteraria Resistere – Palazzo Roberti(Bassano del Grappa)
(2018) La Milanesiana (MI e Italia)
(2019) Rassegna Letteraria Resistere – Palazzo Roberti(Bassano del Grappa)
(2019) La Milanesiana (MI e Italia)
(2019) Albrecht Dürer. La collezione Remondini – Museo Civico Bassano del Grappa (VI)