C’è Francesco Quaianni, che dopo l’8 settembre ’43 operò in favore degli antifascisti e partigiani. C’è Emily Bayer, cittadina tedesca e reclutata per lavorare presso il comando tedesco di Milano, che offrì alla signora Clara Schwarz, alla madre e sorelle – di origine ebraica – ospitalità gratuita fino alla fine della guerra. O Padre Italo Laracca, che operò per il bene della popolazione di Velletri colpita duramente dall’avanzata bellica sul fronte laziale durante la Seconda guerra mondiale e successivamente, realizzando un orfanotrofio e divenendo figura di riferimento per tutti i bisognosi. E poi, ancora, Franco Basaglia, lo psichiatra che introdusse in Italia una nuova terapia per i disturbi mentali, fondata sul rispetto dei pazienti, e pose le basi della Legge 180, detta poi “Legge Basaglia”, di riforma dell’assistenza psichiatrica con la chiusura dei manicomi. Queste sono solo alcune delle 12 figure esemplari che si sono distinte per aver reagito alle sopraffazioni e alle ingiustizie in difesa di altre persone e della dignità umana, insignite proprio oggi, 7 ottobre 2020, come Giusti nel Giardino Virtuale del Monte Stella durante una cerimonia in forma privata al Giardino dei Giusti di Milano. (La cerimonia, era originariamente prevista per il 6 marzo 2020 durante le celebrazioni della Giornata dei Giusti dell’Umanità, ma era stata annullata a causa del divieto di partecipare a riunioni pubbliche disposto per contenere l’epidemia da Covid-19). E basta fare un giro in questo spazio virtuale per rendersi conto di quante storie, alcune note, altre molto meno, meritano di essere raccontate.
Chi è un Giusto
Una breve premessa. Il termine Giusto è tratto dal passo del Talmud che afferma “chi salva una vita salva il mondo intero” ed è stato applicato per la prima volta in Israele in riferimento a coloro che hanno salvato gli ebrei durante la persecuzione nazista in Europa. Il concetto di Giusto è stato ripreso per ricordare i tentativi di fermare lo sterminio del popolo armeno in Turchia nel 1915 e poi per la Shoah. Fu proprio un sopravvissuto, Moshe Bejski – uno degli ebrei salvati da Oskar Schindler – uno dei principali artefici del Giardino dei Giusti di Gerusalemme, al Memoriale dello Yad Vahsem, dove, dal 1963, vengono piantati alberi per ricordare uomini e donne che, a costo della propria vita, salvarono delle vite in pericolo durante quegli anni bui. Dagli anni 2000, però, il concetto di Giusto si estende anche a tutti coloro che nel mondo hanno cercato o cercano di impedire il crimine di genocidio, di difendere i diritti dell’uomo – in primo luogo la dignità umana – nelle situazioni estreme, o che si battono per salvaguardare la verità e la memoria contro i ricorrenti tentativi di negare la realtà delle persecuzioni. È infatti nel 2001 che nasce ufficialmente a Milano il Comitato per la Foresta dei Giusti-Gariwo (acronimo di Gardens of the Righteous Worldwide), una onlus che crea Giardini dei Giusti in tutto il mondo, dove vengono piantati alberi e cippi in onore di queste persone – defunte ma anche viventi – e utilizza i mezzi di comunicazione, i social network e le iniziative pubbliche per diffondere la memoria del “Bene” e il messaggio della responsabilità. In questi anni Gariwo ha raggiunto importanti traguardi, primo fra tutti la creazione di più di 100 Giardini dei Giusti: a quello di Milano, il primo, nato nel 2003 al Monte Stella, se ne sono aggiunti molti altri in Italia e nel mondo, come a Yerevan in Armenia, a Varsavia (dove sono onorati, tra gli altri il presidente sudafricano Nelson Mandela e la poetessa Anna Politkovskaja), a Tunisi, nel giardino dell’Ambasciata italiana (uno dei Giusti è Hamadi Abdesslem, la guida tunisina che ha messo in salvo i turisti italiani durante l’attacco dell’ISIS al Museo del Bardo), e ad Amman, dove un albero è dedicato a Moath Al Kasasbeh, arso vivo dai terroristi dell’ISIS dopo che il suo aereo era stato abbattuto in territorio siriano nel gennaio 2015. A questi, dal 2017, si affianca il Giardino Virtuale, nato per accogliere le segnalazioni e le testimonianze dei cittadini su figure dimenticate o sconosciute meritevoli di essere ricordate.
Gariwo ha poi ottenuto, nel 2012, l’istituzione da parte del Parlamento europeo della Giornata dei Giusti, che ogni anno si celebra il 6 marzo, diventata nel 2017 in Italia solennità civile con la legge dei giusti dell’umanità approvata dal parlamento italiano. E, nel luglio di quest’anno, l’accordo del Comune di Roma di dedicare “Viale del Ministero degli Esteri” ai Giusti della diplomazia.
Molto numerose sono poi le attività divulgative: grazie a un protocollo firmato con il MIUR, vengono organizzati seminari per la formazione degli insegnanti e visite al Giardino dei Giusti di Milano. E poi convegni, pubblicazioni, dibattiti, documentari, divulgazione nelle scuole e iniziative di diverso tipo (una recente è stata l’ e-book sui Giusti nello Sport ieri e oggi). Strumento fondamentale per diffondere il tema dei Giusti e tutte le attività di Gariwo è il sito web, che si propone come punto di riferimento sulle problematiche legate alla resistenza morale, raccogliendo e segnalando articoli, appuntamenti, produzioni di ogni parte del mondo.
Ma perché parlare oggi di Giusti? Quali insegnamenti possono dare le loro storie?
Lo abbiamo chiesto a Gabriele Nissim, presidente Gariwo, che dedica la propria vita alla divulgazione della Memoria del bene.
La figura del Giusto tra le nazioni è comunemente associata alla Shoah perché nacque un quel contesto. Lei però con il Giardino dei Giusti e l’associazione Gariwo ha promosso la figura del Giusto slegata da quel genocidio e da quell’epoca, arrivando anche a parlare di Giusti contemporanei. Che cosa può insegnare il Giusto al giorno d’oggi? Quale impatto positivo lascia sulla società?
I giusti rappresentano in ogni contesto estremo la possibilità di scelta degli esseri umani. Non sono un mondo a parte o una eccezione, non sono eroi particolari e inavvicinabili o eccellenze umane rare, ma uomini e donne che nell’ambito delle loro possibilità sono stati capaci di compiere azioni spesso anche minute che però hanno potuto incidere. Sono coloro infatti che prendono in mano il loro destino quando la storia prende una cattiva direzione, contrapponendosi invece agli indifferenti, che voltano la testa dall’altra parte. Lo stesso Moshe Bejski aveva capito che un genocidio è reso possibile non solo per l’opera dei carnefici, ma per il coinvolgimento passivo o attivo degli esseri umani. Per intenderci, Hitler e Stalin hanno potuto vincere nelle loro società, a partire da quanti hanno detto loro di sì e li hanno sostenuti. Chi non lo ha fatto in varie forme ha inceppato il meccanismo. I giusti quindi rappresentano la possibilità di resistenza degli esseri umani. Un punto centrale in questa riflessione è il valore del singolo individuo nella contrapposizione al male. Un uomo ha sempre la possibilità con le sue azioni di diventare argine contro il male. Può non solo accadere che un uomo sia in grado di salvare una vita, ma anche di diventare il protagonista di un movimento in grado di salvare una nazione intera. È per esempio accaduto in Bulgaria, quando Dimiter Peshev, il vicepresidente del parlamento sconvolse i piani di un regime che stava consegnando gli ebrei a i tedeschi, o quando il russo Stanislav Petrov in un bunker sovietico fu in grado da solo di impedire una guerra nucleare, quando per un errore dei computer era scattato l’allarme di un lancio di missili americani sul territorio sovietico. L’uomo, come diceva il filosofo Jonas, è un essere minuscolo e imperfetto che però è l’unico in grado di fare dei miracoli su questa terra.
Raccontare la storia di uomini e donne che hanno fatto concretamente la differenza è dunque importante per dare alla società contemporanea dei punti di riferimento morali, dei modelli da emulare, soprattutto per i giovani. Ciò è tanto più rilevante in un’epoca, come quella attuale, in cui manca una élite morale nel mondo e in cui populismi e autocrazie minano quotidianamente la democrazia politica. Il nostro compito è indicare i Giusti del nostro tempo, persone che possono portare, con il buon esempio, nella direzione del bene.
Fra i Giusti onorati nei Giardini ci sono personaggi di ieri e di oggi di etnie e religioni diverse. Che cosa rappresenta questa trasversalità fra culture e religioni? E che messaggio dà in sé?
L’idea alla base dei Giardini dei Giusti è proprio quella di onorare coloro che si sono distinti con le proprie azioni nei confronti dell’essere umano, indipendentemente dalla loro appartenenza culturale, religiosa o etnica, in un’ottica universale.
Nel Giardino di Milano, ad esempio, accanto al nome di Simone Veil, sopravvissuta alla Shoah e prima donna Presidente del Parlamento europeo, ci sono quelli di Denis Mukwege, medico congolese che dedica la sua vita all’assistenza delle donne vittime di stupri, insignito nel 2018 del Nobel della Pace insieme alla yazida Nadia Murad, quello di Costantino Baratta, pescatore di Lampedusa che salvò alcuni migranti il 3 ottobre 2013, e quello di Lassana Bathilly, il commesso dell’Hyper Cacher che nel 2015 mise in salvo alcuni avventori del negozio preso d’assalto da un terrorista. Sono storie diverse, di provenienze differenti, che possono trasmettere esempi positivi: lo diceva il filosofo Spinoza che l’emulazione crea un circolo virtuoso… Del resto, in un mondo globale come quello in cui viviamo, ci vogliono risposte globali.
Aggiungo un’altra osservazione. Oggi una delle più grandi sfide che ci troviamo ad affrontare è il cambiamento climatico: il pianeta è la patria di tutti noi esseri umani, e se vogliamo salvarlo, dobbiamo farlo tutti insieme.
Lei proviene da una famiglia di imprenditori: suo padre Joseph fu il fondatore del Bolton Group, uno dei gruppi imprenditoriali più importanti in Italia e in Europa. Quali sono le caratteristiche dell’imprenditore positivo, le cui azioni impattano positivamente sulla società? A suo avviso l’esempio dei giusti può essere utile anche nel mondo imprenditoriale?
A livello personale c’è un legame molto forte fra me e mio padre, anche se abbiamo preso strade diverse nella vita (Gabriele Nissim ha sempre lavorato per anni come giornalista, ndr). Mio padre, che da Salonicco si arruolò volontario nell’esercito inglese, abbandonando la sua Grecia per combattere i nazisti, mi ha trasmesso l’idea che non bisogna essere vittime, ma combattenti, che non ci si deve lasciare andare alla malinconia del passato, ma si deve agire nel proprio tempo. A suo tempo, quando creò l’azienda, portò una cultura nuova, all’avanguardia (ebbe l’intuizione ardita e vincente di acquistare uno dei primi computer IBM comparsi sul mercato…), creando qualcosa che allora non esisteva. Mio padre era un imprenditore sognatore, che riuscì a concretizzare i suoi sogni, ed è questa capacità che io apprezzo anche in alcuni industriali di oggi: creatività, originalità, attitudine a sognare. Ma l’imprenditore deve anche svolgere un ruolo sociale, impegnandosi per l’ambiente, per il prossimo e per la cultura. Ad esempio Bill Gates e sua moglie Melinda, che con la loro Fondazione finanziano la ricerca medica e progetti di miglioramento delle condizioni di vita nel terzo mondo e nell’educazione. O Laurene Powell Jobs, moglie di Steve Jobs, fondatrice di Emerson Collective, che sostiene le politiche in materia di istruzione, giustizia sociale, riforme sull’immigrazione e conservazione dell’ambiente. Certo, spesso non ci piace tutto ciò che fanno, ma mi piace dire che è l’ ‘ambiguità del bene’: i Giusti non sono eroi, ma esseri umani che si distinguono per le loro azioni virtuose. Bisogna accettarne l’ambiguità e fare conoscere le loro storie.
Nazionalismi, violenza, odio sono il veleno della società contemporanea. Come l’insegnamento dei Giusti può aiutare a combatterli?
L’emergenza sanitaria in corso ci ha dimostrato che ogni individuo non solo deve pensare alla sua salute, ma diventa responsabile nei confronti dell’altro. Ma l’idea di solidarietà viene messa in discussione dai crescenti nazionalismi ed egoismi. Mentre un intellettuale come Noah Harari parla di necessità di risposta globale alla pandemia, abbiamo assistito invece in tanti paesi a correnti nazionalistiche che spingono per un’azione non globale. Per questo vogliamo proporre la nomina di alcuni Giusti all’epoca del Coronavirus.
In generale, un fenomeno che dobbiamo seguire con preoccupazione è la messa in discussione delle democrazie. Uno dei concetti fondamentali per la prevenzione di genocidi è che le democrazie sono fondamentali per prevenire il Male e guerre. Il nostro compito è quindi indicare alla società esempi morali di oggi che possono rappresentare lo spirito di collaborazione, l’antitesi nei confronti di nuove guerre, esempi di valorizzazione della democrazia. A questo servono i Giardini dei Giusti: a rappresentare, come le piante che contengono, che l’esempio continua dopo la vita terrena delle persone che vi sono onorate.
Gabriele Nissim, giornalista e saggista, ha fondato nel 1982 «L’Ottavo Giorno», rivista italiana sul tema del dissenso nei paesi dell’Est europeo. Ha collaborato con «il Giornale», il «Corriere della Sera», «Il Mondo». Per Canale 5 e la televisione della Svizzera italiana ha realizzato documentari sull’opposizione clandestina ai regimi comunisti, sui problemi del postcomunismo e sulla condizione ebraica nei paesi dell’Est. È presidente di Gariwo, la foresta dei giusti, che ricerca e promuove le figure di resistenza morale a tutti i genocidi e totalitarismi, ed è il promotore della Giornata europea dei giusti istituita il 10 maggio 2012 dal Parlamento europeo. Da Mondadori ha pubblicato Ebrei invisibili. I sopravvissuti dell’Europa orientale dal comunismo a oggi (con Gabriele Eschenazi, 1995), L’uomo che fermò Hitler. La storia di Dimitar Pesev che salvò gli ebrei di una nazione intera (1998), Il tribunale del bene. La storia di Moshe Bejski, l’uomo che creò il Giardino dei giusti (2003), Una bambina contro Stalin. L’italiana che lottò per la verità su suo padre (2007) e La bontà insensata. Il segreto degli uomini giusti (2010). Ha inoltre curato il volume Storie di uomini giusti nel Gulag (2004). A cento anni dal Genocidio armeno, nel gennaio 2015, ha pubblicato il volume La lettera a Hitler (Mondadori), mentre nel 2018 è uscito Il Bene possibile. Essere Giusti nel proprio tempo (Utet,192 pp, 15 euro).
PREMI
Ha ricevuto numerosi premi nazionali internazionali. Il 6 novembre 1998 è stato nominato dal parlamento di Sofia cavaliere di Madara, la massima onorificenza culturale bulgara, per la scoperta di Dimităr Pešev, il salvatore degli ebrei bulgari. Nel 2003 ha vinto il premio della critica Ilaria Alpi per il documentario televisivo, Il giudice dei Giusti, scritto da lui stesso e da Emanuela Audisio e diretto da Enrico Marchese. Il 2 dicembre 2007 ha ricevuto una menzione speciale dalla regione Lombardia per la sua attività per la pace e sul tema dei Giusti. Nel 2013 ha ricevuto, insieme a un certificato di benemerenza, una targa commemorativa intitolata ai Santi Copatroni d’Europa Cirillo e Metodio, “per i suoi meriti nella diffusione e nello sviluppo della cultura bulgara in Italia”. Nel 2014 è stato premiato con l’Ambrogino d’oro, la civica benemerenza intitolata al Santo patrono della città di Milano, per essersi “speso con tenacia e passione per preservare la memoria delle persecuzioni, dei crimini e dei genocidi del Novecento”, attraverso la diffusione delle figure esemplari dei Giusti, rivolta soprattutto ai giovani, e con l’istituzione della Giornata europea dei Giusti. Nel mese di dicembre 2015, gli è stato conferito il Premio internazionale Empedocle per le Scienze Umane – sezione “La Politica tra il bene e il male, ieri e oggi” – in memoria di Paolo Borsellino. Nel settembre del 2020 ha ricevuto la Medaglia Raoul Wallenberg, premio istituito dall’omonima fondazione per “onorare coloro che hanno dimostrano rettitudine nella propria condotta seguendo l’eredità dei salvatori dell’Olocausto”.