Antonella Zaghini, peace manager Guna
Antonella Zaghini, peace manager Guna

Etica al servizio della scienza, per il benessere dell’uomo

Uomo, scienza, natura: sono queste le parole chiave del posizionamento di Guna, importante azienda italiana nel settore della produzione e distribuzione di farmaci “low-dose”, sul mercato da quasi quarant’anni. La proposta di farmaci di alta qualità e di integratori alimentari di innovativa concezione da parte di Guna mira a stimolare ogni individuo alla ricerca del proprio stato di salute ideale, senza circoscrivere l’attenzione all’intervento solo sul sintomo, ma mirando a mantenere l’organismo in uno stato di equilibrio psico-fisico-emozionale che è condizione privilegiata per attivare al meglio le proprie difese immunitarie. Non solo: l’attenzione all’uomo è evidente nell’importanza che viene data alla responsabilità sociale, sia all’interno dell’azienda che nei confronti della collettività. Lo testimoniano le differenti iniziative nei confronti della società – in primis, il Bilancio Sociale ‘corale’ realizzato dagli stakeholder e le attività per la Giornata della Non violenza – così come l’istituzione, già nel 2010, di una figura innovativa e unica al mondo come quella del peace manager. Per non parlare delle numerose certificazioni conseguite dall’azienda, così come dei molti premi ricevuti come Best in class.

Alla peace manager Antonella Zaghini il compito di raccontarci l’universo Guna.

Lo stabilimento Guna in via Palmanova a Milano
Lo stabilimento Guna in via Palmanova a Milano

Innanzitutto ci spieghi: cosa fa il Peace Manager in Guna?

Il compito principale è essere di supporto ai colleghi nella risoluzione di situazioni di conflitto, garantendo così un’atmosfera serena e collaborativa all’interno dell’azienda. Nella nostra azienda, questa figura non dipende dalle risorse umane, ma direttamente dalla presidenza: questo garantisce un’importante terzietà del ruolo, che è quello che ne garantisce il successo. Essendo le richieste di supporto dirette, il peace manager può infatti facilmente ingaggiare i colleghi e affiancarli nel risolvere le situazioni di conflitto in cui si trovano e, soprattutto, aiutarli a risolverli il più possibile in maniera autonoma, perché li porta a prendere maggiore consapevolezza del proprio limite e degli spazi di miglioramento. Questo è il primo punto fondamentale che ne costituisce la sua unicità, tanto che non ci risulta che esistano figure analoghe al mondo. Alcune aziende di grandi dimensioni soprattutto multinazionali creano figure a disposizione dei colleghi, ma sempre sotto l’egida delle risorse umane. Questo ne fa un limite a priori che non è superabile.

Come si è evoluto il suo ruolo in questi anni? Quali sono le nuove sfide e maggiori criticità che come peace manager deve affrontare oggi, rispetto al passato?

Nei primi anni il lavoro del peace manager era sicuramente più orientato sui team interni, proprio perché l’obiettivo era creare un clima sereno e piacevole per tutti. Posso dire che con gli anni questo traguardo ambizioso è stato raggiunto e per questo, negli ultimi anni, il mio ruolo è più incentrato sull’organizzazione di iniziative che vadano a sviluppare una maggiore sensibilità sui temi della pace e della non violenza. Questo è un altro grande ambito in cui Guna si è attivata in seguito al sostegno al progetto Marcia mondiale per la pace, che a suo tempo ha sposato in toto. Non volevamo, però, che questo valore della non violenza, che fa parte del nostro dna – in quanto azienda che realizza una produzione non violenta, rispettosa dell’uomo e della sua fisiologia -, venisse dato per scontato; per questo abbiamo deciso di ribadire questo aspetto, festeggiando ogni anno la  Giornata internazionale della Nonviolenza che cade il 2 ottobre, anniversario della nascita di Gandhi. Ogni anno, in occasione di questa ricorrenza, affrontiamo con ospiti molto prestigiosi un aspetto diverso di questo tema che ha un impatto sul nostro mondo: l’ambiente – quest’anno abbiamo parlato di Amazzonia, nel passato delle terre dei fuochi -, la medicina, la violenza nel mondo giovanile, ma anche argomenti inerenti alla diplomazia internazionale. Queste iniziative hanno molto successo non solo in termini di partecipazione, ma anche nella diffusione dei contenuti, che vengono condivisi da ogni partecipante all’interno del proprio nucleo famigliare e sociale. Si innesca, insomma, un circolo virtuoso e soprattutto viene stimolata la presa di coscienza e la consapevolezza di quanto i nostri comportamenti individuali incidono in tutte le situazioni che affrontiamo.

Il tour virtuale nello stabilimento Guna di Milano

In un’epoca in cui non si fa che parlare di discorsi d’odio, quanto è importante che esistano dei peace manager? Quanto il clima di violenza che si respira sui social e sul web si riflette sulla vita reale e, in particolare, all’interno delle aziende?

Sicuramente non possiamo illuderci che non vengano portati sul lavoro i problemi della sfera personale. Allo stesso tempo, però, posso dire che in Guna non viviamo in maniera particolarmente pesante questa situazione generale, perché sono molti anni che lavoriamo intensamente sulla costruzione di un sistema valoriale molto forte, voluto e difeso dalla proprietà. Questo fa sì che tutti in azienda si riconoscano e sposino il nostro manifesto valoriale, basato da sempre sul rispetto reciproco e delle diversità: per noi la gender equality è una realtà assodata, da ben prima che se ne cominciasse a parlare nella società, così come il rispetto per l’ambiente, per cui abbiamo prodotto già nel 2008  un protocollo di buone prassi. Oggi si parla tanto di coerenza e di valori che sembrano siano diventati di moda: noi li coprivamo già anni fa, in tempi non sospetti, quando ancora non ne parlava nessuno. Questo è il clima che si respira in Guna: alla base del nostro lavoro, ci sono una grande passione e la spinta a renderci utili alla comunità.

Quali sono le caratteristiche che deve avere un peace manager?

Sicuramente non tutti possono fare il peace manager, perché a monte ci deve essere una conoscenza approfondita dell’azienda e delle sue dinamiche. Certo bisogna sapere ascoltare gli altri – anche quello che non dicono espressamente – e avere la capacità di portare le persone a ‘mettersi nei panni dell’altro’, a caprine le motivazioni, altrimenti i conflitti non si risolvono. 

Venendo a lei, che cosa l’ha spinta a fare la peace manager? Su quali fronti e attività è operativa lei in Guna?

Io posso dire di essere stata la prima assunta in Guna, esattamente quarant’anni fa in questa realtà, posso dire di averla maturata abbondantemente… Negli anni mi sono occupata un po’ di tutto: dalla logistica al lavoro per la presidenza. Oggi, oltre al mio ruolo, svolgo anche la funzione di responsabile della comunicazione interna e di garante etico; negli anni, infatti, l’azienda ha adottato numerosi strumenti – ad esempio la certificazione 231/2001 – a sostegno del suo manifesto valoriale, che testimoniano il percorso lungo e continuo ce è stato fatto sulla strada della sostenibilità.

Il Social Hub di Guna, primo bilancio sociale integrato in tempo reale
Il Social Hub di Guna, primo bilancio sociale integrato in tempo reale

Al giorno d’oggi si sente sempre più parlare di responsabilità sociale. Per Guna che ne ha fatto uno dei pilastri del suo posizionamento, definendosi ‘azienda guidata da principi etici’, che cosa significa garantirla? Rispetto al passato, trova che sia più semplice o difficile lavorare sulla responsabilità sociale?

In Guna abbiamo sempre messo grande impegno nella responsabilità sociale in senso lato. Siamo innanzitutto convinti che il nostro primo dovere in termini di responsabilità sociale sia produrre e commercializzare farmaci efficaci, scientificamente testati, e privi di effetti collaterali, così da migliorare lo stato di salute della popolazione. Crediamo anche fortemente che esista un modello di business che rende compatibile l’interesse degli azionisti con quello della collettività: laddove essa si evolve e migliora il proprio standard di vita, anche noi possiamo dare maggiore impulso alle nostre attività.
Il 2008 è stato l’anno spartiacque, con l’avvio del progetto della ‘Casa di vetro’, che ci ha portato ad aprirci al mondo. Con l’inaugurazione dello stabilimento in via Palmanova a Milano, parlando con gli abitanti della zona ci siamo resi conto di quanto sia importante il ruolo delle aziende nella comunità in cui risiedono e abbiamo preso consapevolezza che le nostre azioni avevano conseguenze concrete sul territorio. Il dialogo con la comunità ci ha portato a capire che dovevamo aprire le nostre porte anche in senso reale, perché eravamo attentamente guardati dalla comunità.

Come si è concretizzata questa apertura all’esterno?

Siamo partiti con un primo bilancio sociale, che negli anni è diventato integrato ed è interamente scritto dai nostri stakeholder: è infatti nelle nostre corde non essere noi a raccontare i nostri successi, ma farlo fare a chi con noi interagisce. Inoltre, fin dall’inizio il bilancio è stato realizzato in versione digitale, abbandonando quindi la pubblicazione su carta, quando ancora era inusuale. Abbiamo quindi pubblicato la bozza di bilancio sociale dell’azienda in un apposito spazio web, il Social Hub, aperto alla consultazione ed all’interazione con i pubblici di riferimento dell’azienda. Nella nostra visione, infatti, l’atto di rendicontazione dev’essere ‘corale’: per questo abbiamo predisposto un articolato ‘cruscotto di indicatori dinamici’ che man mano continua ad arricchirsi di dati, tabelle, informazioni, e soprattutto storie, in un percorso lungo un anno, condiviso in totale trasparenza e di fatto ‘costruito’ assieme a tutti i reparti aziendali e a tutti i soggetti che costituiscono la rete neurale aziendale. Nasce così il primo bilancio sociale in tempo reale mai pubblicato al mondo, che può anche essere corretto e aggiornato dagli utenti.
Come è normale che sia, il nostro approccio alla responsabilità sociale si è evoluto nel tempo, arricchendosi di programmi che sosteniamo e di regole che garantiscono il rispetto di alcune regole etiche. Oggi, però, manca, rispetto al passato, una strategia welfare da parte delle istituzioni, e di conseguenza alle aziende che agiscono per il bene della collettività viene richiesto sempre di più e su diversi fronti. Il periodo pandemico, poi, ha generato molte nuove criticità e bisogni, per affrontare i quali le istituzioni non hanno i mezzi. Le aziende si trovano dunque a dovere sopperire alle mancanze istituzionali, e certamente non è semplice.

Guna, si legge nel manifesto, si pone come azienda imperniata sull’in-formazione di medici e farmacisti. Quanto sono importanti oggi la formazione e l’informazione per la vostra azienda?

Abbiamo da sempre un intenso programma di aggiornamento scientifico e culturale per medici e farmacisti, che sono i nostri stakeholder di riferimento e hanno esigenze in evoluzione. In particolare, con l’esplosione della pandemia, abbiamo dovuto provvedere in tempi molto rapidi a fornire loro in forma digitale le informazioni di cui necessitavano. In generale, ci è richiesta una qualità scientifica molto alta, che garantiamo sui nostri sitiGuna.it per il pubblico e ProGuna.it per i Professionisti della Salute – che sono costantemente aggiornati e rappresentano un vero e proprio nodo di diffusione di informazioni scientifiche e approfondimenti sulla medicina dei bassi dosaggi, sulla nutraceutica fisiologica di regolazione e sull’ampia offerta dei farmaci ed integratori distribuiti dall’azienda. Grazie alla collaborazione con la Società medico-scientifica PRM – International Academy of Physiological Regulating Medicine vengono organizzati ogni anno, anche in partnership con diverse Università, Ordini dei Medici e Ordini dei Farmacisti, più di 600 eventi didattici in tutte le città italiane.

Il laboratorio Guna
Il laboratorio Guna

Uomo, scienza, natura sono tre parole che rappresentano il vostro posizionamento: come si legano nella vostra attività e filosofia?

Questi tre elementi costituiscono per Guna una triangolazione perfetta, in quanto si cementano fra loro. Tutto comincia dal rispetto dell’uomo nella sua totalità di corpo, mente e spirito, perché tutto ciò che produciamo è in funzione di questa dimensione. La natura è la più straordinaria fonte di idee e di cura per l’uomo: è la prima fornitrice di materia prima per l’essere umano e come tale va preservata, conservata ed enfatizzata. E poi c’è la scienza, che per Guna è sempre stato un faro, un vero punto di riferimento nell’ambito di una medicina low dose e biotech. In questa costante attenzione alla ricerca scientifica per il bene pubblico rientra la nostra scelta ‘no patent’, ossia di non sottoporre a protezione brevettuale i nostri prodotti. Siamo infatti da sempre impegnati contro ogni forma di monopolio dei beni vitali e necessari, con particolare attenzione al settore farmaceutico, dove il brevetto resta il principale strumento per la protezione degli investimenti nella ricerca, al punto che spesso gli interessi delle aziende hanno la meglio sugli interessi diffusi della salute pubblica. Tutto quello che è innovazione tecnologica, studi e ricerche sono per Guna un tesoro inestimabile su cui sviluppare nuove proposte terapeutiche impensabili anche  solo fino a qualche anno fa.

Quali sono le sfide che lei vede come peace manager per il futuro?

Penso che la sfida maggiore sia essere sempre di più, all’interno dell’azienda, un punto di riferimento per tutto ciò che succede all’esterno di essa. Gli ultimi due anni ci hanno dimostrato con molta forza quanto le situazioni critiche che si vivono nella sfera personale abbiano un inevitabile impatto anche su quella professionale (si pensi, ad esempio, alle difficoltà create alle famiglie dal lockdown e dallo smartworking). Il tutto in un contesto, come abbiamo già detto, di generale impoverimento di certi sistemi di sostegno che una volta esistevano. È quindi importante fare sì che le persone non si sentano sole, che si sentano sempre al centro dell’attenzione dell’azienda. È quello che da sempre facciamo in Guna, spinti da una reale convinzione che al centro di tutto deve essere l’uomo, ed è quello che possono fare anche altre aziende. Senza grandi investimenti ma con tanta passione e convinzione. Basta volerlo.

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