Il paracadute / L’Illusione del Bene Comodo

Viviamo in un’epoca di coscienza digitale, dove la compassione si manifesta attraverso un “mi piace”, una condivisione, o al massimo, un piccolo contributo economico a un’organizzazione benefica. Questa è la nuova moneta del nostro tempo: il buonismo virtuale. Ma questo buonismo ha davvero un valore oppure è solamente l’ennesimo sintomo di una società sempre più narcisista e distante dalla realtà?

È facile sostenerci benevoli quando i nostri gesti sono limitati a pochi click. Tutto ciò che facciamo è esposto al giudizio immediato degli altri, e quindi perché non mostrare al mondo la nostra facciata migliore? Ma questa facciata è davvero la rappresentazione di chi siamo o è soltanto un’immagine costruita ad hoc per il nostro pubblico virtuale?

Immersi in un sonnambulismo moderno

Il vero problema risiede nel fatto che in questo modo tendiamo a distaccarci dalla sofferenza altrui. Se non la vediamo o non la sentiamo direttamente, sembra che non esista. “Tanto accadrà a qualcun altro”, ci diciamo, e andiamo avanti, rassicurati dalla nostra coscienza appagata da un piccolo gesto virtuale. Ma si tratta davvero di compassione o è soltanto un placebo per placare le nostre ansie esistenziali?

Il sonnambulismo moderno ci fa camminare in una nebbia densa, dove tutto ciò che conta è il nostro benessere immediato, il nostro piccolo mondo sicuro e confortevole. Non ci sforziamo più di comprendere e di vedere noi stessi come lo specchio di ogni altra persona sulla Terra. Siamo pigri, non solo fisicamente, ma anche mentalmente e spiritualmente.

Quante volte abbiamo sostenuto una causa senza realmente capirla? Quante volte abbiamo donato senza sapere a chi e perché? Quante volte ci siamo detti “ho fatto la mia parte” senza veramente fare un passo fuori dalla nostra zona di comfort?

Accendiamo la luce della coscienza

Il rischio maggiore di questo atteggiamento è l’indifferenza. Se ci limitiamo a gesti superficiali e non ci sforziamo di capire e partecipare attivamente alle cause che sosteniamo, diventiamo parte di un sistema che valorizza l’apparenza più della sostanza.

E allora, cosa possiamo fare? Innanzitutto, svegliarci. Smettere di vivere in un mondo di illusioni auto-imposte e iniziare a guardare la realtà in faccia. Se davvero vogliamo fare la differenza, dobbiamo essere pronti a metterci in gioco, a sentire, a partecipare, a capire. Solo così potremo sperare di costruire un mondo migliore, non solo per noi stessi, ma per tutti.

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Filosofo, antropologo e ricercatore, conduce da più di 30 anni corsi e seminari.

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