È facile previsione che dopo ogni crisi, catastrofe naturale o guerra le dissonanze emergano con forza; ed è accaduto spesso che come dopo la peste del 1328 a Firenze, che ridusse la popolazione di quasi il 30%, la civiltà avesse nuova spinta, come appunto a Firenze con il Rinascimento. Ma è anche vero ciò che scrive in un suo articolo Telmo Pievani, professore di filosofia di scienze biologiche all’Università di Padova, che c’è modo e modo di rinascere: “Sull’altro lato del mediterraneo, nell’Algeria di Albert Camus, un analogo flagello, immaginario ma vividamente rappresentato, colpisce la città di Orano. Quando finalmente se ne va, festeggiano tutti e comincia subito il tempo della rimozione e dello stordimento. L’evidenza di ciò che è stato sbiadisce dinanzi al sollievo di tornare come prima. Ma è un’allegria sempre minacciata, commenta Camus, perché il morbo si è solo nascosto ed è pronto a tornare, per sventura o insegnamento agli uomini”.
Ogni società umana, come un organismo risponde alle sollecitazioni e sviluppa anticorpi
Proprio come per un organismo alle volte è necessario intervenire, poiché la sollecitazione può essere più forte della possibile risposta, oppure perché come nel sistema immunitario del corpo vi può essere un eccesso di risposta. Come ci suggerisce Platone in tempi non sospetti la democrazia, cioè il potere esercitato dal popolo per il bene comune, dal greco δημοκρατία, composto di δῆμος ‘popolo’ e κρατία ‘crazia’ potere, è sempre o almeno dovrebbe essere sempre espressione della volontà e capacità di quel popolo di governarsi consapevolmente. La democrazia dovrebbe essere una medicina che permette all’organismo di far fronte alla discrasia che secondo Ippocrate si genera per cattiva mescolanza degli umori. Mescolanza di umori interni ed esterni, la discrasia sviluppa sovente la malattia e può portare a morte l’organismo.
Investire sugli esseri umani
La ‘cattiva mescolanza’ avviene per diverse ragioni, la prima perché una parte del popolo elegge dei rappresentanti che in realtà non fanno i loro veri interessi e la seconda perché per governare si uniscono fazioni che sarebbero avverse. Mettendo assieme Platone e Ippocrate, essi ci suggerirebbero la cura e cioè, avere un popolo cosciente dei propri bisogni e lungimirante per ciò che riguarda il futuro della ‘polis’ quindi eleggere i giusti rappresentanti e dare il governo a chi unisce i propri obbiettivi per il bene comune, e soprattutto la saggezza della giusta memoria degli eventi passati. Questo significa innanzi tutto investire sugli esseri umani, cercando di renderli coscienti ed edotti invece di masse di manovra da gestire attraverso le emozioni formando una classe dirigente degna di questo nome e cioè che diriga davvero, avendo come faro il bene comune, verso prospettive ampie. Ancora è accaduto e ancora accadrà, dal 430 a.C. ad Atene alla Firenze del 1300 per citare solo alcune ‘malattie’ una delle quali, la guerra, morbo endemico e spaventoso.
Ogni volta ci chiediamo se sarà sventura od insegnamento per gli uomini.
Filosofo, antropologo e ricercatore, conduce da più di 30 anni corsi e seminari.