Stefano Dell'Orto

Informativa climate nei bilanci, il paper di Deloitte

“Le aziende avranno un ruolo importante nella lotta al cambiamento climatico, anche perché esso può impattare sulla strategia, l’operatività e l’organizzazione delle imprese in maniera significativa. In questa prospettiva è auspicabile che un’adeguata informativa climate venga riflessa nei bilanci delle imprese quanto prima”. Ad affermarlo è Stefano Dell’Orto, Audit & Assurance Leader di Deloitte Italia, nel presentare il paper di Deloitte Climate change – Un’opportunità per veicolare una informativa consapevole e responsabile al mercato. Un tema su cui sta maturando la sensibilità degli attori economici e che porterà a grandi cambiamenti anche in ambito di standard per la rendicontazione finanziaria e non finanziaria. Secondo lo stesso studio di Deloitte, infatti, le aziende quotate in Italia mostrano una crescente sensibilità sulla informativa legata al cambiamento climatico: nel 2019 tra le 226 società quotate analizzate dalla società di revisione e assurance, il 42% delle relazioni finanziarie include un’informativa relativa al cambiamento climatico, seppur con livelli di dettaglio molto diversificati tra loro, mentre il residuo 58% non evidenzia alcuna informativa.
“Numeri che sono destinati a cambiare nel prossimo futuro – spiega Dell’Orto – perché la sensibilità dei consumatori, dei legislatori, degli investitori ed enti regolatori (nazionali ed europei) sta mutando velocemente: le aziende che vogliono avere un futuro dovranno adottare una strategia di sostenibilità e imparare a comunicarla dando evidenza dei conseguenti effetti in bilancio”.

Verso l’integrazione dell’informativa finanziaria e non finanziaria nei bilanci

“L’aspettativa di tutti è che il mercato spinga verso una forte accelerazione di questo processo, come dimostra la lettera d’inizio anno di Larry Fink ai Ceo di tutto il mondo: secondo le stime di BlackRock, da gennaio a novembre 2020, gli investitori in fondi comuni ed ETF hanno investito globalmente $288 miliardi in asset sostenibili, con un incremento del 96% rispetto a tutto il 2019. L’inizio di un cambiamento epocale rispetto al quale le aziende devono prepararsi a rispondere, procedendo a una chiara mappatura dei rischi e delle opportunità correlati al cambiamento climatico e definendo appropriate risposte strategiche, valutandone gli effetti e riflettendo gli stessi in bilancio e nella relativa informativa -, prosegue Dell’Orto -. Le parole chiave per chi si occupa di bilancio in questa fase devono essere consapevolezza rispetto ai temi correlati al cambiamento climatico rilevanti per l’azienda e responsabilità nell’analizzarne gli effetti nel processo di generazione dell’informativa finanziaria, e nel darne disclosure».

“In altre parole -, continua il Leader della società di revisione – una gestione parallela dei processi di analisi delle tematiche climate-related non è più adeguata a rispondere alle esigenze di trasparenza espresse dal mercato. Occorre sviluppare una maggiore integrazione tra informativa finanziaria e non finanziaria per fornire una comunicazione completa ed esaustiva agli stakeholders in merito alla sustainability performance – elemento da ritenersi sempre più importante perun’efficace gestione del business».

Come valutare rischi e opportunità generati dal Climate Change

La crescente richiesta di trasparenza nell’informativa con riferimento ai rischi climatici fa emergere l’esigenza di poter disporre di informazioni coerenti, comparabili, affidabili, chiare. Uno strumento utile in questo senso, secondo Franco Amelio, Leader Sustainability di Deloitte, è la guida TCFD (Task Force on Climate-related Financial Disclosures), con cui si individuano raccomandazioni sulla rendicontazione dei rischi e delle opportunità che il fenomeno climate change può comportare sulle performance aziendali, articolandosi in quattro aree tematiche: governance, strategia, gestione dei rischi, metriche e target tra di loro strettamente interconnesse. In particolare, la Guida TCFD classifica i rischi correlati al cambiamento climatico in due macro-categorie:

  • i rischi fisici, associati a danni o interruzioni delle attività aziendali dovuti ad eventi climatici estremi (inondazioni, siccità, incendi, trombe d’aria, etc..). La consapevolezza dell’esistenza di rischi fisici con riferimento al contesto in cui l’azienda opera consente l’identificazione di rischi e di opportunità correlati, aspetti che possono influenzare le strutture produttive, le operazioni, le catene di fornitura e distribuzione, i dipendenti e i clienti di un’azienda; 
  • i rischi di transizione, correlati al processo di transizione dalla situazione attuale alla situazione prospettata di limitare l’aumento della temperatura globale a 1,5-2° C, come da accordo siglato a Parigi. Essi possono traslarsi in rischi derivanti: dalla ridefinizione del business model, all’obsolescenza degli asset aziendali (i cosiddetti stranded assets), alla compliance normativa, all’accellerazione repentina dell’innovazione tecnologica. 

“Il contraltare di un contesto di rischio – prosegue Amelio – è l’innesco delle opportunità che il cambiamento può offrire, come suggerisce il TCFD identificando aree di opportunità quali l’efficienza nell’uso delle risorse ed il conseguente risparmio di costi; la conversione delle fonti di energia in energia alternativa, con possibili risparmi ed opportunità di accedere a meccanismi di sostegno agli investimenti necessari; il ritorno generato dal processo di innovazione del prodotto e dei servizi offerti, l’accesso a nuovi mercati o il riposizionamento in mercati già esistenti, la resilienza climatica ovvero la capacità di adattamento per rispondere ai cambiamenti climatici allo scopo di poter rispondere in modo migliore ai rischi emergenti”. 

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