Luciano Floridi (foto di Francesco Pierantoni)

Luciano Floridi: “Solidarietà è la parola che più amo”

“La buona politica deve essere disinteressata a se stessa, ma interessata a chi la riceve. E poi deve essere lungimirante, pensando alle nuove generazioni”. È solo uno delle “idee ingenue (ma non troppo)” emerse dal dialogo fra il giornalista e Presidente Advisory Board IAB Italia Ferruccio De Bortoli e il filosofo Luciano Floridi, Ph.D., Oxford Internet Institute and Digital Ethics Lab, University of Oxford, and The Alan Turing Institute, durante la prima giornata dello Iab Forum 2020. Un incontro fra due intellettuali, diventato ormai un appuntamento immancabile della kermesse sulla comunicazione digitale, che quest’anno ha preso vita da una considerazione. “Serve oggi un nuovo pensiero politico che superi le contrapposizioni del ‘900 – ha esordito Ferruccio De Bortoli -, perché il mondo sarà sempre più a due colori: verde, per la crescita alle tematiche della sostenibilità e dell’ambiente, e blu, che identifica la tecnologia che serve per governare bene”.

Tanti i temi introdotti dalle acute domande di De Bortoli, a cui Floridi ha risposto in maniera altrettanto ‘alta’: dalla politica alla pandemia, dall’enciclica del Papa alle parole. Ecco a seguire una sintesi.

Se fossi nominato presidente del Consiglio, cosa diresti nel tuo discorso di filosofo sulla buona politica?

“Parlerei di come essa debba essere competente e disinteressata a se stessa, ma avere a cuore l’interesse di chi la riceve. Non solo: deve essere lungimirante, nel senso di pensare alle nuove generazioni come soggetti che votano oggi, e non, invece, come purtroppo è da anni, come individui che pagano solo gli errori delle politiche precedenti”.

Che cosa abbiamo sbagliato nella gestione della pandemia?

“In tutta Europa, gli errori chiari fin da subito sono stati la disorganizzazione e l’arroganza (la greca hybris). La prima non permette di mettere a sistema le risorse che si hanno, la seconda porta a pensare che si sta facendo un buon lavoro. Insieme sono un connubio letale, di cui stiamo pagando le conseguenze”.

Il filosofo che cosa ha imparato dalla pandemia?

“Che siamo entrati solo oggi nel 2000, e che i primi anni del millennio erano solo una coda del ‘900. Lo stesso era successo nel secolo scorso, il cui vero inizio si è avuto con la prima guerra mondiale. Ciò è evidente anche nel progetto europeo, che fino a prima della pandemia era ancora novecentesco, e solo con essa si è capito che esso è un progetto collettivo di solidarietà e rilancio verso il futuro”.

Tu – filosofo agnostico – sei stato chiamato a commentare l’enciclica del Papa. Cosa ti ha colpito di più?

“Mi ha colpito il fatto di essere stato chiamato a farlo…, ma soprattutto quanto essa sia basata sul concetto di tempo e sull’importanza di dare il proprio tempo agli altri per stare bene con noi stessi”.

Nel ‘900 si sacrificava la vita per la libertà, mentre oggi si è chiamati a fare il contrario… Ma quanto si può limitare la libertà delle persone per la salute pubblica?

La società deve essere trattata come civile e matura e le si deve chiedere di interagire da pari a pari, in maniera consensuale, e non imponendo dall’alto, come invece è successo. Facendo così, la società reagisce male. E lo stiamo vedendo.

Quale parola detesti di più del lessico contemporaneo? E quale ami di più?

“Quello che odio di più è ‘complessità’, troppo usata e male. Quella che invece mi piace di più è solidarietà’, di cui ci sarà sempre più bisogno”.

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