Filippo Scianna ritratto in primo piano in natura
Filippo Scianna @Antonio Bocola

Meditazione, una pratica per affrontare le sfide contemporanee

Si è svolto di recente, a Padova, un convegno internazionale organizzato dal Centro Studi di Unione Buddhista Italiana, in collaborazione con l’Università di Padova, Mind and life Europe e International Society for Contemplative Research, che ha unito incontri, workshop, panel, pratiche contemplative e sessioni plenarie sul tema ‘La meditazione e le pratiche contemplative applicate alla società contemporanea’.

Sono stati cinque giorni di dialogo interdisciplinare, che ha riunito oltre duecento studiosi di diverse discipline – filosofia, psicologia, sociologia, pedagogia, antropologia, neuroscienze, scienze delle religioni – provenienti da università e centri di ricerca di tutto il mondo; un appuntamento innovativo, che spiega l’apporto che le tradizioni contemplative possono offrire nell’affrontare le nuove sfide del mondo contemporaneo e le conseguenti incognite e incertezze sul nostro futuro.

Ne abbiamo parlato con il Presidente dell’Unione Buddhista Italiana, Filippo Scianna.

Quando parlate di affrontare le “sfide nel mondo contemporaneo”, a cosa vi riferite in particolare?

Ci riferiamo a una serie di problematiche e difficoltà che caratterizzano il nostro tempo e che richiedono attenzione e intervento. Ad esempio, gli impatti del riscaldamento globale, l’inquinamento, la perdita di biodiversità e l’uso insostenibile delle risorse naturali minacciano la salute del pianeta e il benessere delle generazioni future. Peraltro, molte delle soluzioni proposte non vanno realmente in profondità rispetto alle cause. 

Anche le disparità economiche e sociali continuano a crescere in molte parti del mondo, così come lo stress, l’ansia e la depressione sono in aumento a livello globale, soprattutto tra le nuove generazioni. Inoltre, la povertà, l’accesso ineguale all’istruzione e ai servizi sanitari (le cui fragilità sono state evidenziate ancor più dalla pandemia) e le discriminazioni basate su genere o razza, rappresentano sfide significative per la giustizia sociale, visto che la globalizzazione porta con sé anche quelle legate alla preservazione delle identità culturali. 

Un’altra sfida di cui si parla molto è quella relativa alle nuove tecnologie e all’Intelligenza artificiale…

La rapida evoluzione tecnologica, sebbene apporti numerosi benefici, solleva anche preoccupazioni relative alla privacy, alla sicurezza dei dati, alla disinformazione e all’impatto dell’automazione sul lavoro.  L’automazione, l’intelligenza artificiale e altre innovazioni tecnologiche stanno trasformando il mercato del lavoro, richiedendo nuove competenze e adattabilità da parte della forza lavoro. Come Unione Buddhista Italiana, ci impegniamo a sostenere iniziative che affrontino le sfide contemporanee in modo costruttivo e compassionevole, lavorando per un mondo più giusto, sostenibile e pacifico.

Siamo in un’epoca caratterizzata da pulsioni aggressive, odio e guerre. In questo scenario è più difficile sensibilizzare le persone nella ricerca di sé, attraverso la meditazione?

La violenza e le guerre continuano a causare sofferenza umana e instabilità. La gestione dei conflitti, la promozione della pace e la protezione dei diritti umani sono cruciali per costruire un mondo più sicuro e giusto. In questo scenario travagliato, la meditazione può offrire un rifugio interiore e una via per coltivare pace dentro di sé, permettendoci di indagare in profondità le cause di diverse forme di sofferenza, e quindi dare anche una chiave di lettura e di comprensione degli scenari in cui siamo immersi.

Ma una volta trovata questa chiave di lettura, qual è il beneficio che ne consegue?

La diffusione di certe pratiche meditative può contribuire a creare una cultura di rispetto reciproco, poiché ogni persona che intraprende questo percorso diventa un faro di speranza, capace di influenzare positivamente chi le sta intorno.

Lucidità e benessere psicofisico

La pratica individuale si riflette così nel benessere collettivo, mostrando che la trasformazione personale è il primo passo verso un cambiamento sociale più ampio. La meditazione è un mezzo per affrontare con maggiore lucidità e forza le sfide della vita quotidiana. 

Il termine ‘meditazione buddhista’ evoca delle immagini che richiamano mondi e culture orientali. Come si trasferisce tutto questo in una realtà e in uno stile di vita occidentale? 

È fondamentale comprendere che la meditazione buddhista, pur avendo origini orientali, si basa su principi universali che trascendono le barriere culturali. Lo sviluppo di qualità interiori può attingere dagli insegnamenti del Buddha, indipendentemente dal contesto geografico o culturale. Questi principi possono essere integrati nella vita quotidiana occidentale senza necessità di adottare simboli o usanze esteriori orientali. In occidente, la meditazione può essere adattata in modo tale da risuonare con le nostre esperienze e valori; questo adattamento non significa alterare i fondamenti della pratica, ma piuttosto presentarla in un linguaggio e in un contesto che siano comprensibili e rilevanti per le persone.

Forse il desiderio di benessere psicofisico accomuna l’Occidente e l’Oriente?

Possiamo enfatizzare gli aspetti scientifici e psicologici della meditazione, come i suoi benefici per la salute mentale e fisica, che sono stati ampiamente documentati dalla ricerca contemporanea, ma senza perdere di vista che la meditazione non è strumentale a un mero benessere psicofisico.

Inoltre, è possibile incorporare la meditazione nella nostra routine quotidiana senza dover necessariamente dedicare lunghi periodi di tempo o modificare drasticamente il nostro stile di vita. Brevi sessioni di meditazione, esercizi di consapevolezza durante le attività quotidiane, e momenti di riflessione possono essere sufficienti per iniziare a sperimentare i benefici di certe pratiche. 

La base dei principi del buddhismo è la ‘Legge di causa ed effetto’: vuole spiegarla in parole semplici? 

La ‘Legge di causa ed effetto’, o ‘Karma’, è un principio fondamentale del buddhismo che spiega come le nostre azioni influenzino la nostra vita e il nostro futuro. In parole semplici, ogni azione che compiamo, sia essa buona o cattiva, genera delle conseguenze. Queste conseguenze possono manifestarsi immediatamente o in futuro, e influenzano sia la nostra vita attuale che le nostre vite future. Questo ciclo di azioni e conseguenze è continuo e ininterrotto.

Responsabili delle proprie azioni. E intenzioni

Quando compiamo azioni positive (come aiutare gli altri, mostrare gentilezza o agire con onestà), creiamo effetti positivi che porteranno felicità e benessere nella nostra vita.
Al contrario, azioni negative (come fare del male agli altri, mentire o agire con odio), generano effetti negativi che porteranno sofferenza e difficoltà.

Non è solo l’azione in sé a contare, ma anche l’intenzione con cui viene compiuta: se agiamo con buone intenzioni, i risultati saranno generalmente positivi, anche se l’azione potrebbe non avere subito l’effetto desiderato. Allo stesso modo, azioni compiute con cattive intenzioni generano effetti negativi, anche se questo non è immediatamente visibile.

Quindi questo principio responsabilizza maggiormente l’individuo, evitandogli di attribuire le colpe dei propri problemi al ‘destino?

La legge di causa ed effetto ci insegna che siamo responsabili delle nostre azioni e delle loro conseguenze. Questo ci incoraggia a vivere in modo consapevole e a riflettere sulle nostre scelte, sapendo che avranno un impatto sulla nostra vita e su quella degli altri. Comprendere questa legge ci dà la possibilità di cambiare e migliorare, poiché anche se abbiamo commesso errori in passato, possiamo sempre iniziare a dar vita a un futuro migliore. La trasformazione è sempre possibile attraverso la consapevolezza e la pratica virtuosa. In sintesi: la “Legge di causa ed effetto” ci insegna che le nostre azioni contano e che ogni cosa che facciamo ha un impatto. Vivere con questa consapevolezza ci aiuta a prendere decisioni più sagge e a costruire una vita più significativa.

La meditazione richiede impegno e disciplina. Pensa che potrebbe essere un elemento da inserire in maniera formativa nelle organizzazioni e nelle aziende?

Assolutamente sì! Questo approccio ha già trovato applicazione in diverse realtà aziendali a livello globale, con risultati positivi. Può essere, ad esempio, di grande beneficio per la sua capacità di ridurre lo stress: in un ambiente lavorativo spesso caratterizzato da ritmi frenetici e pressioni costanti, praticare certe forme meditative può aiutare per la salute mentale e fisica dei lavoratori di quella azienda.

Creatività, innovazione, empatia. Anche sul lavoro

Alcune tecniche meditative favoriscono la concentrazione e la chiarezza mentale, aumentando di conseguenza l’efficienza e la produttività dei dipendenti, senza contare che la meditazione può stimolare anche la creatività e l’innovazione.

Quindi, in uno stato di relax si produce meglio che con i ritmi frenetici?

In uno stato di mente calma e rilassata, è più facile avere intuizioni e trovare soluzioni creative ai problemi. Peraltro, incorporare la meditazione in un programma formativo dimostra l’impegno dell’azienda per il benessere dei suoi dipendenti. Questo può migliorare il morale, aumentare la soddisfazione sul lavoro e ridurre il turnover del personale.

Altro aspetto da sottolineare è che la pratica della meditazione può aiutare a sviluppare empatia e comprensione tra i colleghi, migliorando la comunicazione e le relazioni interpersonali all’interno dell’azienda.

Come si fa a integrare con gli orari di lavoro?

La meditazione può essere facilmente integrata nelle routine aziendali. Può essere praticata in brevi sessioni durante le pause, prima o dopo le riunioni, o attraverso programmi specifici, come ad esempio viene suggerito in molti corsi di mindfulness. L’inserimento della meditazione in maniera formativa nelle organizzazioni richiede, a mio avviso, un approccio strutturato e il supporto da parte della leadership aziendale. È importante fornire ai dipendenti le risorse e il tempo necessari per imparare e praticare la meditazione, ed è fondamentale la presenza di istruttori qualificati che possano facilitare l’approccio a certe pratiche meditative.

Bisogna comprendere, però, che si tratta di adattamenti di aspetti contemplativi che nel contesto buddhista stanno all’interno di un orizzonte dottrinale molto più vasto. La meditazione in quel contesto è finalizzata alla cessazione della sofferenza (Nirvana). È davvero molto importante non fare confusione su questo punto, altrimenti il rischio è di svilire certe pratiche riducendole a meri strumenti di profittabilità.

Cosa spinge una persona ad avvicinarsi a una pratica di meditazione?

Il Buddha storico cominciò il suo cammino interiore mosso da uno sguardo compassionevole verso varie forme di sofferenza. Il Buddhismo è una soteriologia, una via di salvezza dalla sofferenza. Alla base di una sincera ricerca interiore c’è quasi sempre una qualche forma di insoddisfazione, più o meno consapevole. Il ricorso alla meditazione è funzionale ad alleviare in qualche modo una forma più o meno manifesta di disagio, ma bisogna stare molto attenti a quali pratiche meditative ci si rivolge e ancora di più all’insegnante che le divulga.

Il nostro Paese ha un tasso di analfabetismo funzionale tra i più alti d’Europa: quanto influisce il decadimento culturale sul desiderio di ricerca di un singolo individuo?  

Può sicuramente influenzare la capacità di esplorare e comprendere dimensioni più profonde della vita. Senza una base solida di alfabetizzazione, molte persone possono trovare difficile accedere a testi, corsi e materiali che facilitano la crescita personale e la ricerca interiore, e ciò determina una ridotta capacità di pensiero critico e riflessivo. La meditazione e la ricerca interiore richiedono una certa abilità nel riflettere su se stessi e nel contemplare questioni esistenziali e, senza queste capacità, il desiderio di intraprendere tali pratiche può diminuire. Inoltre, penso che un decadimento culturale si accompagni a una maggiore esposizione a contenuti di massa che non promuovono la profondità di pensiero o la riflessione critica.

Quanto influiscono i media?

La prevalenza di media superficiali e di intrattenimento immediato può distogliere le persone dalla ricerca di esperienze più profonde e significative. Inoltre, in una società con alto tasso di analfabetismo funzionale, può esserci una carenza di modelli positivi che promuovano certi valori. La mancanza di figure ispiratrici e di una comunità di supporto può scoraggiare gli individui dal perseguire queste strade e, ahimè, a spingere verso direzioni opposte.

Tuttavia, attraverso iniziative educative, accessibilità delle risorse, promozione di valori culturali positivi è comunque possibile invertire la rotta: anche per questo, in questa direzione, L’Unione Buddhista Italiana è fortemente impegnata con agende di lavoro dedicate a promuovere cultura in senso lato.

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