Le persone più intelligenti si adattano più velocemente. E coloro che capiscono le nuove esigenze avranno un vantaggio competitivo.
Paolo Iabichino, in questo momento di clausura forzata, ha colto l’attimo per tenere vivo un confronto necessario su tv, media, advertising, cultura, politica. Ogni giorno insieme a Giovanni Boccia Artieri accendono Carosello is back, diretta streaming su Instagram di 20 minuti per continuare a mantenere viva la creatività per essere utili ai tanti studenti che hanno scelto la comunicazione come strada da percorrere per il loro futuro.
Con lui abbiamo cercato di fotografare il momento che stiamo vivendo per innescare delle riflessioni perché ‘Quando pensi di avere tutte le risposte, la vita ti cambia tutte le domande’ (Charlie Brown).
L’emergenza Covid-19 ha immerso tutti noi in una nuova realtà, cambiando le nostre abitudini a 360°, ma il mondo dell’adv e dei brand sembra essere stato colto impreparato. Prima c’è stato un momento di sbandamento nell’adeguarsi alla situazione, poi alcuni hanno esitato a cambiare, altri hanno deciso, come Coca Cola, di cancellare la pubblicità e altri ancora si sono messi in moto con nuove comunicazioni calate nella realtà. Sta di fatto che pubblicitari e comunicatori che dovrebbero anticipare le tendenze si sono trovati spiazzati dal coronavirus.
Questo momento era inimmaginabile per chiunque, ma l’industry pubblicitaria italiana è da tempo che non anticipa le tendenze. Non costruiamo narrazioni, ma tendiamo a subire i trend degli altri e metterli in pagina.
In questo caso, poi, nessuno poteva realmente prevedere quello che realmente sarebbe successo, ma tutti abbiamo osservato che il primissimo minuto di quella che era a tutti gli effetti una pandemia è stata registrata come l’ennesima occasione di real time marketing, una rincorsa dell’hashtag io resto a casa per farne un oggettucolo da social media.
Il tema è stato affrontato con leggerezza, perché nessuno aveva la misura di quello che la situazione registrava. Nella rincorsa del trend topic di turno si rischia di risultare spiacevole, sgradevole, scomposto e ineducato.
Non sintonico.
Non sono mai stato un gran tifoso del real time, strumento spesso abusato e pericoloso.
Siamo tutti alle prese con lo smart working e con i suoi effetti…
Nel momento in cui registriamo quota 10 mila morti, l’euforia da smart working è inadeguata. Mi piacerebbe vedere sparire alcuni video da youtube.
Forse adesso a mente lucida varrebbe la pena di ripensare a quello che abbiamo fatto in quei giorni. E rinunciare a quel tipo di visibilità.
Lo stesso sindaco di Milano, Beppe Sala, ha chiesto scusa per #Milanononsiferma.
Dobbiamo fermarci e riflettere, altrimenti finiamo per essere catalogati ed etichettati dalla maggior parte delle persone come superficialotti e un po’ effimeri.
La prima reazione è stata auto centrata, poi le marche ci hanno costretto a delle riflessioni più importanti, a confrontarci con una realtà che stava completamente scompaginando gli equilibri.
Alcune campagne costruite per cavalcare il momento sono ahimè tristi.
Non mi sorprenderei se questo momento entrasse in una categoria al Festival dell’Advertising a Cannes!
Siamo fatti così, nel bene e nel male.
Il settore è pronto ad aprirsi ed evolvere verso una comunicazione più generosa e costruttiva? Ad abbandonare dei linguaggi anni ’90?
Il mondo del’adv e l’intero sistema dei media da tempo aveva bisogno di rivedere le proprie dinamiche. Forse questa pandemia potrà accelerare una serie di urgenze che erano alle porte legate all’ambiente.
Questi giorni ci stanno dimostrando che molte delle nostre ingordigie di consumo non sono così necessarie. Assisteremo a una maggiore attenzione da parte di consumatori e aziende sulle problematiche legate all’ambiente e alla qualità dei prodotti.
Sul fronte gender equality la trasformazione arriverà invece con un ricambio generazionale. Onestamente penso che se non ci siamo riusciti sino ad ora non credo che il Covid-19 metterà più attenzione nei confronti di alcuni linguaggi e stereotipi che la pubblicità ha sempre utilizzato. Basta aprire un settimanale qualsiasi in questo momento per vedere che un certo tipo di pubblicità non ha lasciato il campo.
Assisteremo a una maggiore attenzione da parte di consumatori e aziende sulle problematiche legate all’ambiente e alla qualità dei prodotti
Il video di Urbano Cairo è un chiaro messaggio…
In quel video c’è un registro estremamente muscolare, fortemente motivazionale da editore e imprenditore. Un messaggio riferito a pubblicitari e agenti commerciali che hanno tutti gli strumenti per comprenderlo e capirne il contesto, per motivarli sul periodo particolarmente promettente. Ma là fuori non siamo tutti pubblicitari e agenti commerciali. Ci sono milioni di persone che quel video e momento di cronaca l’hanno letto in altro modo. Le stesse persone che comprano i giornali, che guardano la tv e la pubblicità. Parla a loro!
Quello che mi lascia perplesso che dopo i primi feedback a quella comunicazione, la reazione è stata ancora più muscolare e non empatica: “Non ho tempo di vergognarmi di quello che è successo”.
Come possono le marche accompagnare il consumatore nel ricostruire la normalità e superare il trauma causato dal Covid-19?
Non sono un fan dei brand paternalistici che dispensano consigli. In questo momento sto apprezzando molto le comunicazioni delle marche che indirizzano i consumatori sul sito del Governo e del Ministero della Salute. Le marche, come sempre è stato, hanno il compito di ripristinare la normalità. Rimarcare il fatto di esserci e di condividere quello che si sta imparando da questo momento. Eviterei le pagine autarchiche come ‘compra solo italiano’.
E non facciamo fare alle marche i buoni samaritani perché non è il loro compito.
Le marche hanno il compito di ripristinare la normalità
Ilaria Capua ha lanciato l’idea, considerato il fatto che il Covid colpisce meno le donne, che siano proprio loro a trainare la ripresa…
Non voglio pensare che questo accada per una moria di uomini. Sarebbe agghiacciante.
L’istanza della parità di genere nel mondo del lavoro era già sentita anche prima del Covid. Un’urgenza che scalpitava anche prima da più fronti. Anche questo tipo di sensibilità arriverà a compimento naturalmente per via di un’accettazione graduale.
Porto un esempio. Una tra le nostre prime agenzie di comunicazione, da euforia di dirette su Instagram, fa dialogare i propri vertici con quelli delle principali aziende italiane e in 6 puntate non si vede una sola donna in collegamento, ci pone davanti al fatto che questa sensibilità non è ancora arrivata e che spesso si mascheri semplicemente in slogan ma non nei fatti.
Sto imparando che niente è più urgente
Cosa ti porterai e ti terrai stretto nel postcovid?
Una nuova idea del tempo. Sto imparando che niente è più urgente. Il nostro è un mondo dove tutto deve essere fatto alla velocità della luce. Tutto sembra essere salvifico per l’umanità.
Sto riscoprendo che dobbiamo ridefinire le priorità in maniera civile e rispettando il lavoro delle persone. Una nuova idea di tempo che vorrei conservare e ricordare tutte le volte che un cliente mi dice che è urgente!
La novità nel nostro settore è un sentimento di coesione. Ci siamo tutti resi drammaticamente conto di quanto la vita di ciascuno di noi dipenda dagli altri. Questo effetto domino la lezione più importante che ci dobbiamo portare con noi.
Carta d’identità
Paolo Iabichino ha una carriera da Direttore Creativo di Ogilvy Italia e come EMEA Executive Creative Director per tutte le agenzie digitali del Gruppo WPP, coordinando strategia e creatività per i 27 mercati europei dei marchi FCA.
Ha lavorato su brand come, Alitalia, American Express, Armani, Barilla, Bulgari, Cisco, Condé Nast, Ferrero, Galbani, Google, IBM, Nestlé, Nice, Timberland, Viacom, Wind, Parmigiano Reggiano…
Conosciuto anche come @Iabicus, ha scelto di “dedicare la sua penna a nuovi progetti di comunicazione, al terzo settore e a tutte quelle realtà che sentano la necessità di voltare pagina”.