Da Ippocrate, vissuto oltre 5 secoli prima di Cristo, abbiamo ereditato questa frase: “Qual è la cosa più importante in medicina? Non è tanto la malattia di cui il paziente è affetto, quanto la persona che ne soffre”. Socrate nelle opere di Platone sottolineava la necessità di tenere in conto la mente e le emozioni di fronte alla malattia.
A raccontarci la necessità di prendersi cura a partire dall’ascolto dei propri bisogni in un momento in cui si vive la malattia oncologica, Luisa Merati, medico chirurgo specialista in psicologia clinica, medicina psicosomatica e analisi bioenergetica e psicoterapeuta a indirizzo psicanalitico junghiano. Dopo un percorso nella medicina tradizionale, Merati ha abbracciato una visione olistica della persona, rifacendosi nella relazione con il paziente oncologico al metodo Simonton, il lavoro del medico oncologo radioterapista Carl Simonton, considerato uno dei precursori della psicoeuroendocrinoimmunologia, secondo cui ognuno partecipa attivamente al proprio stato di benessere in ogni momento della vita. Simonton è riferimento del mondo medico accademico per l’uso innovativo della mente e dell’immaginazione nello stimolare il sistema immunitario, aumentare l’efficacia dei trattamenti e delle terapie, stabilizzare il dolore emozionale e sostenere il programma di guarigione.
Nel suo sito si legge: “La cellula tumorale (…) esprime un bisogno molto profondo di cambiare la propria natura e di andare verso un nuovo stile di vita. In questo caso l’energia non incanalata in una direzione creativa diventa distruttiva. Sembra così che il tumore sia l’estremo tentativo di autorigenerarsi”.
Che cosa si intende con direzione creativa e c’è anche nella malattia un principio di ‘autorealizzazione’?
La medicina psicosomatica prende in considerazione la complessa interazione che c’è tra corpo, mente, psiche, spirito e ambiente. Bisogna dire che siamo un po’ vittime della ‘scientificizzazione’ della medicina, per cui la mente è separata dal corpo. Proprio gli studi degli ultimi decenni hanno dimostrato che la mente è distribuita in tutto il corpo, non solo nel cervello come noi siamo abituati a pensare attraverso mediatori di vario tipo, per esempio, è stato studiato che un secondo cervello risiede nell’intestino. Là c’è un microbioma, ovvero la flora batterica intestinale, che è come un insieme di organismi che formano un sistema di comunicazione. Riferendoci al tumore sappiamo che sono cellule che tendono ad autoreplicarsi all’infinito, invadendo i tessuti anche attraverso meccanismi piuttosto sofisticati. La partenza può essere una cellula ‘anarcoide’ che si auto-replica occupando gli spazi.
La comprensione dei simboli nella psicosomatica
Parlando in senso simbolico – i simboli sono importanti per la psicosomatica – il tentativo di autoreplicarsi all’infinito esprime sul piano organico la creatività che non si è potuta realizzare a livello psichico. Quello che viene inibito a livello psichico viene espresso a livello biologico, attraverso una serie di meccanismi di incanalamento dell’energia dalla psiche al corpo. La patologia oncologica è una somatizzazione estrema di come una creatività inespressa trovi il tentativo di esprimersi nel corpo attraverso un malfunzionamento. La cellula tumorale trova tanti escamotage per nascondersi e diramarsi, tutta questa energia è stata bloccata e somatizzata, perché non ha potuto esprimersi attraverso la via psichica e comportamentale. Un tentativo estremo della cellula di esprimersi.
Tutte le malattie possono essere viste nell’ottica della medicina psicosomatica, che ha i suoi fondamenti scientifici biologici. Se pensiamo allo stress sappiamo che agisce sul sistema immunitario alterandone la funzione e questo può influenzare e far sorgere malattie. Tutto va valutato in funzione del singolo individuo, che è unico e irripetibile. Possiamo fare ipotesi in generale, dopodiché ognuno ha la sua storia.
Il metodo Simonton nel percorso di cura dalla malattia oncologica
È complementare al percorso terapeutico che il paziente ha già intrapreso. Implica l’integrazione con le terapie che la persona sta facendo, con l’ambiente in cui si trova, con l’equipe medico sanitaria e con la famiglia. Reputo efficace anche l’ipnosi, che implica l’uso di tecniche immaginative e visualizzazioni, utilizzate dal dottor Simonton. Ho riscontrato risultati positivi, tenendo conto che se non avviene quella che chiamiamo guarigione, c’è comunque un miglioramento della qualità di vita e un fermarsi della patologia, a volte anche una regressione.
Nel percorso di cura vi è l’importanza di trasformare pensieri e convinzioni malsani in stati mentali sani che favoriscono il cambiamento.
Il modo in cui interpretiamo ciò che accade e i pensieri negativi provocano un vivere la realtà in modo stressante e questo può influenzare il sistema immunitario e indebolirlo. È un presupposto del metodo Simonton: se trasformiamo le convinzioni negative in pensieri realisticamente positivi, lo stress diminuisce e il sistema immunitario si riattiva. La persona vive la realtà in modo più rappacificato e sereno.
Responsabilità di se stessi
A questo proposito l’invito è a leggere il messaggio estremo che può arrivare dalla malattia. Bisogna attivare la responsabilità nel senso di invitare a prendersi cura di sé e a fare attenzione alle proprie esigenze. Occorre stare molto attenti, non c’è una colpa nell’essersi ammalato, ma si può cogliere dalla malattia un messaggio per prendersi cura di sé, facendo attenzione alle proprie esigenze e alla propria vera natura. Bisogna cercare di esprimere quello che si vuole veramente, prendere quello che dà piacere e fare ciò che procura gioia nel senso più profondo del termine.
Nel momento in cui si parla di malattia, c’è un’altra parola a cui dobbiamo fare riferimento: speranza. È sempre possibile, a qualsiasi livello e momento della malattia?
Sì. Nel metodo Simonton c’è la necessità di tenere sempre un equilibrio tra la speranza e la realtà del momento. C’è un passaggio in cui inevitabilmente ci si può trovare davanti alla malattia terminale. Bisogna tenere conto delle complesse dinamiche a livello della famiglia, di quello che la persona pensa di dover affrontare, delle convinzioni spirituali.
Con la malattia oncologica arriva la paura della morte.
Ci troviamo in una cultura occidentale in cui si ha paura della morte, non se ne parla e forse non si ammette neanche che esista. In altre culture come quelle orientali la morte fa parte della vita. Nel percorso Simonton si fanno delle visualizzazioni su come si vorrebbe affrontare questo passaggio. C’è un lavoro da fare sulle convinzioni, per individuare quelle profonde che stanno alla base del malessere per cambiarle in modo realistico, senza negare la malattia che c’è, ma affrontarla in modo che la vita risulti appagante.
Quali le opportunità offerte dal tempo presente?
Focalizzare l’attenzione sul qui e ora, attraverso ad esempio tecniche di respirazione e osservare in quel momento quali sono le necessità e i bisogni in modo da appagarli. Molte volte si tratta anche di potere e volere sapere chiedere aiuto. Sono molti i pazienti che nascondono la propria malattia. Certe volte viceversa c’è una congiura del silenzio tra familiari e persona ammalata. C’è un pensiero sotterraneo del perché mi sono ammalato? Perché a me? Una specie di stigma. La risposta a queste domande sta proprio nel lavoro sulle convinzioni malsane, in modo che la persona non si senta in colpa della propria malattia. Bisogna poi ammettere che non possiamo sapere tutto e non possiamo comprendere perché arrivi una certa patologia. Qualunque cosa sia successa prima, quello che è stato è stato in questo momento ho bisogno di prendermi cura di me.
Intervista tratta dalla tesi di Diploma in TeatroCounseling®
Il dono del presente. La forza del qui e ora del TeatroCounseling® nel percorso di cura della persona
di Serena Adriana Poerio
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Giornalista, consulente alla comunicazione positiva e allo sviluppo individuale e dei gruppi attraverso strumenti a mediazione espressiva. 20 anni di esperienza in comunicazione aziendale.