DigitalCare è il termine coniato dall’Assessorato alla Trasformazione digitale e Servizi civici del Comune di Milano per indicare come il digitale rappresenti, durante e all’indomani dell’emergenza Covid-19, uno strumento di cura reale del cittadino e dei suoi bisogni. Laddove ‘reale’ indica la sua natura sostanziale, concreta e di servizio. Lo abbiamo visto nei giorni bui del lockdown quando il digitale ha risolto, se non tutti, la maggior parte dei nostri problemi mentre ci trovavamo confinati in casa. Grazie al digitale abbiamo potuto fare la spesa e anche ginnastica, abbiamo potuto lavorare, studiare, informarci e godere di varie forme di intrattenimento. Ma soprattutto grazie al digitale abbiamo potuto intrattenere relazioni con l’esterno e con i nostri cari con una qualità che il telefono non avrebbe garantito.
“L’attività di supporto all’emergenza attraverso la componente digitale che abbiamo vissuto negli scorsi mesi non sarebbe stata possibile se non avessimo già messo a punto il piano di trasformazione digitale, che ci ha messo in una condizione di solidità sia per quanto riguarda le infrastrutture, sia per i servizi”, spiega l’Assessora Roberta Cocco, che di questa trasformazione è motore e fautrice. Già nella prima linea manageriale di Microsoft, dove è stata Direttore Marketing Centrale, Direttore Social Responsibility e sviluppo nazionale e infine Direttore dei piani di sviluppo in dodici mercati dell’Europa occidentale, Cocco è anche impegnata da anni nella promozione dell’empowerment femminile.
A seguito dell’azione decisiva intrapresa nell’evoluzione tecnologica del Comune di Milano, negli scorsi mesi i servizi erogati in modalità digitale hanno superato l’85%. Il digitale è al centro della strategia di adattamento alla nuova realtà che scaturisce dalla pandemia elaborata dalla Giunta guidata dal Sindaco Beppe Sala, all’insegna dell’inclusione e dell’accorciamento delle distanze oltre che dei servizi al cittadino. Il piano, spiega ancora Cocco, si basa su due aree complementari: la componente tecnologica dell’infrastruttura – dall’aggiornamento dei data center al rafforzamento della security e della connettività fino allo sviluppo della rete interna all’amministrazione e alla digitalizzazione delle procedure – e la componente culturale, incentrata sull’idea che la evoluzione in corso non debba lasciare indietro nessuno e quindi bisogna provvedere all’alfabetizzazione delle fasce deboli e dei giovani perché abbiano accesso al lavoro”.
Alleanza tra pubblico e privato
“Lo ‘tsunami’ della pandemia ha provocato un vero shock digitale a una nazione che in pochi giorni ha dovuto affrontare un processo di digitalizzazione forzato. Per quanto riguarda il Comune, abbiamo attivato subito lo smart working e messo migliaia di dipendenti (oltre 7.300 dal 9 marzo 2020, ndr) in grado di lavorare da remoto mantenendo attivi i servizi. Nel periodo di lockdown è stato sicuramente indispensabile, fuori dalla crisi è uno strumento di flessibilità complementare al lavoro in sede, utile per le aziende pubbliche e per il settore privato per gestire una flessibilità a cui in Italia purtroppo non siamo abituati ma non può essere adottato da tutte le professioni e di sicuro non sostituisce la componente emotiva e relazionale”. Dall’altro lato, anche in collaborazione con gli Assessorati alle politiche sociali e del lavoro, sono stati sviluppati servizi pensati per la telefonia mobile, “perché non tutti hanno una rete ma tutti hanno un cellulare. Queste attività hanno raggiunto l’apice a fine maggio quando abbiamo realizzato la app del Fascicolo del cittadino”.
Durante il lockdown i milanesi hanno letteralmente preso d’assalto l’infoline 020202 attraverso il nuovo chatbot lanciato su WhatsApp. Il servizio di erogazione dei buoni spesa attivato dal Comune per le famiglie in difficoltà a causa dell’emergenza si avvale di un accordo con la piattaforma Satispay, nell’ambito delle iniziative di ‘Milano Aiuta’ di cui fa parte anche la applicazione mobile che mette in rete gli esercizi commerciali per individuare i negozi di prossimità che consegnano la spesa a domicilio.
“Tutto questo lavoro ci ha permesso di riflettere sugli ulteriori passi da compiere. Nasce così la concezione del DigitalCare come strumento che si prende cura delle persone, come abilitatore dei servizi per i cittadini, e infine mezzo di inclusione perché ha garantito una serie di diritti essenziali come il lavoro, l’istruzione, la socialità. È fondamentale non disperdere l’enorme eredità che questo terribile momento ci lascia, finalmente anche l’Italia si è accorta del valore del digitale”.
Tale approccio si concretizza in primo luogo nella velocizzazione della burocrazia: “Non voglio più vedere cittadini nelle anagrafi per un certificato che possono scaricare dal cellulare”; e in secondo luogo nella visione innovativa della città di Milano in epoca post Covid. Un processo che coinvolge necessariamente le imprese private, chiamate a collaborare a progetti che offrano un supporto concreto alle persone. Grazie a Samsung, gli operatori dei call center sono stati affiancati al servizio 020202 per dare informazioni in tema di digitale; con la società di consulenza BIP è stato creato il progetto ‘Porta digitale’ per promuovere l’alfabetizzazione informatica dei cittadini e ridurre il digital divide, attraverso un portale accessibile a tutti i cittadini. “La forte alleanza del Comune con il settore privato ci ha garantito un aiuto straordinario durante l’emergenza, ma è attiva già da prima. Per esempio, il progetto ‘Safer Milan’ finanziato da Cisco fa sì che la nostra città sia una delle poche ad avere una piattaforma di cyber security che protegge i servizi smart city”.
Essere un manager di un settore pubblico comporta un senso di responsabilità sociale maggiore rispetto allo stesso ruolo svolto nel privato: “Come assessore ho il compito di garantire uno standard adeguato di servizi civici che per i cittadini sono imprescindibili e che solo l’ente pubblico può erogare. Ho la responsabilità dei loro dati personali e della loro sicurezza, devo garantire loro servizi online efficienti e risposte adeguate alle loro necessità all’interno della Pubblica Amministrazione. In un certo senso agisco in un regime di ‘monopolio’, ma proprio per questo è necessario che il mio servizio sia al miglior livello possibile, per non generare nel cittadino frustrazione e sfiducia nei confronti delle istituzioni”.
Empowerment femminile
Sin dal 2004, con il progetto ‘futuro@lfemminile’, Roberta Cocco si spende per colmare il divario di genere attraverso l’information technology. Oggi attraverso l’iniziativa ‘StemintheCity’ promossa dal suo Assessorato continua a lavorare su questo tema e sulla difficoltà con cui le donne accedono a professioni legate a discipline economiche e STEM. “Le professioni STEM sono poco scelte dalle donne in conseguenza di un retaggio culturale che ha radici lontanissime: le bambine sono più portate per l’italiano, i bimbi per la matematica… Eppure non c’è alcuna evidenza scientifica a supporto di questa affermazione. Le ragazze possono eccellere nelle discipline tecnico-scientifiche esattamente come i ragazzi, è importante però che siano messe a conoscenza di queste possibilità, che siano guidate attraverso le opportunità che le STEM offrono nel mondo del lavoro. Con questo spirito nasce e si sviluppa ‘StemintheCity’. È compito delle istituzioni muovere l’opinione pubblica su questi temi e orientare i giovani nel miglior modo possibile. Lo facciamo attraverso le storie di donne che ce l’hanno fatta, con workshop, seminari, testimonianze. Un mondo femminile nella tecnologia non è solo possibile, è una bellissima realtà e in questi anni di mandato abbiamo raccontato le storie di ragazze e donne che con le loro competenze e capacità straordinarie possono essere un modello per le nuove generazioni”.
Le donne, però, continuano a sacrificare la carriera in favore della maternità e della famiglia. La difficoltà di conciliare i due ambiti l’anno scorso ha spinto oltre 37mila donne ad abbandonare il mondo del lavoro. “La conciliazione tra vita e lavoro è un tema che mi è molto caro sin dall’inizio della mia carriera nel settore privato. Anche in questo caso il digitale può essere un ottimo strumento per agevolare politiche per il lavoro a tema femminile, a partire proprio dallo smart working. Purtroppo il vero scoglio è il cambiamento culturale, che tarda ad arrivare in Italia: le donne sono brave, talentuose, multitasking ma sembra quasi scontato che debbano ‘sacrificare’ la loro carriera per crescere i figli, e viceversa. Invece la conciliazione dev’essere la strada da percorrere, per migliorare il mondo del lavoro per tutti, uomini e donne”.