Serve cultura del cambiamento per spingere la parità di genere

Non solo 8 marzo. Il tema della gender equality è nelle agende politiche, economiche e sociali. Valorizzare il talento femminile è sempre più un driver che muove le organizzazioni al proprio interno e all’esterno. Quoziente Humano ha indagato ascoltando sul tema Alessandra Giaquinta, Chief Client Officer di dentsu Italia. Puntare alla parità di genere attraverso una presenza femminile ai posti di comando pari al 50% entro il 2025 è la strada intrapresa a livello globale da dentsu. Nel nostro Paese l’organizzazione ha già raggiunto l’obiettivo. Il passaggio deve però inserirsi in un più ampio processo culturale di sostegno al ruolo delle donne nella società: “Ci stiamo muovendo per minimizzare l’emarginazione femminile nel mondo del lavoro – come racconta in questa intervista la manager -; temo tuttavia che quello che si sta facendo in ambito professionale sia scarsamente supportato dal punto di vista della cultura”. Come muovere i primi passi? “Questo penso dipenda dalle madri di figli maschi. Non ci sarà nessun altro che potrà assolvere al compito di creare nuove generazioni che intendano la parità di genere non solo sul luogo di lavoro, ma anche fra le mura domestiche”. 

Cosa si intende per diversity oggi e qual è il suo valore?

Il tema della diversità, che include la parità di genere, richiama quello dell’inclusività. Può sembrare banale dirlo, ma il tema della diversità si fonda sul rispetto dell’essere umano. Tutto è diverso da qualcos’altro: esiste una diversità nota, di genere, razza, religione, orientamento sessuale, e una legata ad aspetti molto più sottili, ma ugualmente lesivi dell’inclusività, si pensi ad esempio alle madri con figli e alle donne che non ne hanno. Credo che dal punto di vista della parità di genere molto si sia fatto e tanto ancora si debba realizzare. Esistono due vie che corrono non necessariamente parallele per arrivare all’obiettivo della parità di genere: quello che le aziende possono fare per riconoscere il talento femminile e dare la possibilità alle donne di far parte del management; il processo culturale che deve sostenere le organizzazioni in queste scelte. L’impegno delle aziende nel valorizzare le capacità delle donne non può essere disgiunto da un analogo processo nella società, sul quale temo siamo più indietro. Se l’azienda offre l’opportunità di fare carriera valorizzando il talento, ma la società non sostiene questo percorso di crescita, la situazione resta zoppa. Credo che le organizzazioni stiano facendo un percorso corretto e veloce, purtroppo non adeguatamente sostenuto dalla cultura sociale. 

Quali sono i principi e le azioni che dentsu mette in atto all’interno? 

Esiste l’obiettivo dichiarato da dentsu a livello globale di avere entro il 2025 una rappresentatività femminile pari al 50% dei senior executive e degli executive team. Nel nostro Paese abbiamo già raggiunto una parità di genere all’interno degli Executive Committee. Per quanto riguarda l’area dei servizi Media di cui mi occupo siamo pronti: di 10 persone che fanno parte del Board, 5 sono donne.

Quali all’esterno, anche in termini di diffusione di cultura della diversità?

Ci muoviamo principalmente su due fronti: abbiamo manager donne a capo di alcuni dei nostri brand, quindi fisicamente rappresentiamo la gender equality, esempi di leadership femminile che hanno avuto opportunità e che hanno saputo coglierle. Esiste poi un ruolo più ampio che abbiamo come comunicatori: è attraverso il modo in cui i colleghi dell’area creativa rappresentano e raccontano la donna che i cambiamenti culturali devono avvenire. 

Abbiamo da poco superato l’8 marzo. Come è stata celebrata in azienda l’attenzione che riponete verso le colleghe? 

In occasione della Festa della Donna 2021 Merlee Jayme, Global Co-President di Mcgarrybowen (sigla creativa del Gruppo ndr), ha realizzato un’iniziativa dedicata prevalentemente alle lavoratrici asiatiche, che dal punto di vista della gender equality sono un po’ più indietro di noi. Ricordando come lavorano le donne durante il periodo di chiusure della pandemia, è stato prodotto e pubblicato su Campaign Asia un video che ritrae scene di vita quotidiana, in cui le colleghe fanno riunioni mentre allattano, stirano, impiattano, mangiano… momenti che in parte abbiamo sperimentato anche noi. Sono stati inoltre organizzati una serie di seminari, momenti di riflessione sull’importanza del ruolo della donna nei nostri contesti professionali (Qui gli eventi di dentsu relativi all’International Women’s Day 2021). 

Sente che sta cambiando la sensibilità al tema?

Credo che ci siano cambiamenti significativi nelle organizzazioni. Parlo sempre più spesso con donne che hanno ruoli rilevanti nelle aziende. Quello che secondo me non è cambiato è ciò che accade dietro le quinte domestiche con il carico mentale a cui le donne sono abituate o costrette: è richiesto loro di avere la testa sul lavoro e sulla gestione familiare, dall’accudimento dei figli agli animali domestici fino alla curatela dei genitori più anziani. 

Nell’ultimo anno con la pandemia è cresciuta la forbice in termini di differenze sociali. I dati sull’occupazione femminile sono allarmanti…

Ritengo sia in carico al privato cercare un bilanciamento nelle opportunità di lavoro all’origine. Con opportunità di genere ci riferiamo alla possibilità delle donne di vedere valorizzato il proprio impegno. Visti i dati preoccupanti credo sia necessario nutrire alla fonte la possibilità che i talenti femminili vengano riconosciuti e valorizzati. In Italia, soprattutto per quanto riguarda la piccola imprenditoria, la gender equality spesso non è considerata. Penso valga ancora per molti l’idea che se in una famiglia o in una coppia qualcuno può non lavorare, è meglio che sia la donna. Torniamo sempre a un pensiero culturale alla base. Mediamente l’uomo guadagna di più di una donna di pari capacità e responsabilità. Il discorso è intrecciato. Da una parte si identifica la donna come colei che si occupa dell’accudimento generico di casa e famiglia in senso lato, dall’altro c’è una disparità di trattamento salariale nota: la somma di questo fa sì che anche l’imprenditore animato dalle migliori intenzioni sulla parità di genere davanti a due disoccupati possa privilegiare l’uomo. Ci deve essere una propulsione culturale al cambiamento. Le famiglie e le scuole dovrebbero fin dall’infanzia insistere molto sull’empowerment femminile. Il modo in cui i comunicatori disegnano la donna adesso è fondamentale per contribuire a creare una società più equilibrata dal punto di vista della opportunità femminile. 

Quali qualità del femminile corrispondono a una buona leadership? 

In generale le donne hanno una capacità genetica di essere rotonde sull’approccio. Credo sappiano empatizzare più degli uomini. Come anche gestiscono meglio una distanza dal conflitto. Le donne sanno essere multitasking e hanno un’ attitudine alla comprensione dell’altro, quale che sia il business che si sta facendo.
La maternità da atto creativo, si concretizza  per le donne in atto organizzativo. Non a caso in molti Paesi del Nord Europa il periodo della maternità è vissuto sul piano professionale quasi come un master, proprio perché quando si ha un bambino le capacità organizzative e multitasking che vengono richieste sono notevolissime. All’estero la maternità non viene vissuta come una cesura squalificante. L’anno, i mesi che si spendono per occuparsi dei figli non sono un allontanamento dal lavoro, ma un tempo in cui si mettono a frutto capacità altre e diverse. In Italia la maternità è spesso vissuta come un enorme limite alla crescita, anche se credo che le cose stiano significativamente migliorando. Certo nella maternità o paternità non esiste parità di genere, ma è necessario valorizzare il momento di crescita personale che può portare un beneficio anche a livello professionale. In dentsu vedo colleghi maschi giovani affrontare il tema della paternità e della condizione della casa con uno spirito più paritario di quanto non abbiano fatto i loro predecessori. Progressivamente la cultura della condivisione dell’educazione dei figli e dell’andamento domestico sta entrando in circolo, si tratta solo di dare un abbrivio. 

In tal senso che cosa vorrebbe trasferire ai suoi colleghi? 

Nel corso della mia carriera ho avuto mentor donne all’interno dell’azienda, mi piacerebbe esserlo per alcune mie colleghe. Nei miei progetti futuri in dentsu c’è sicuramente la creazione di un programma di mentorship al femminile. Credo sia importante avere al fianco una persona che ha già dovuto affrontare sfide e difficoltà in situazioni analoghe, così come penso sia necessario avere come riferimento un collega che comprenda i momenti in cui si ha bisogno di essere off dal lavoro, perché ci sono dei passaggi di vita che non solo si devono fare, ma non si vogliono perdere. Ci sono momenti che non sono solo espletamento di un dovere, ma anche piacere. Va trovato un bilanciamento, mi piacerebbe che si lavori in ottica di work life balance. 

Crede che in azienda sia oggi maggiore il focus sulla persona?

Dentsu è stata pioniere, siamo stati tra i primi ad adottare l’agile working e facciamo moltissime attività in questa direzione. Non abbiamo avuto disruption con la pandemia. Proponiamo iniziative che vanno nella direzione della cura e del benessere della persona: dal vaccino antinfluenzale fatto in ufficio alla mappatura dei nei, o altre visite fatte a titolo gratuito o a prezzi calmierati. Offriamo corsi di pilates e yoga e mettiamo a disposizione un supporto psicologico aziendale, con le prime 3 sedute a spesa dell’azienda. Sono tante le attività che hanno come obiettivo il benessere del singolo, e quindi del gruppo e dell’azienda. Ciò che facciamo per gli individui ritorna in altra forma. 

Guida un gruppo di 500 persone, è donna e mamma. Come racconterebbe la sua esperienza manageriale a una giovane che si inserisce nel mondo del lavoro? 

Sono stata molto fortunata, ho avuto capi da sempre che mi hanno sempre valorizzata, comprendendo quello che sapevo fare meglio e sostenendomi per contribuire alla crescita del business, e quindi alla mia. Un capo attento conta. Ho sempre studiato e lavorato tantissimo. Credo che ognuno debba trovare il proprio equilibrio. Ho avuto chiaro quello che volevo fare nei vari tratti della mia vita professionale, ma sono stata anche assertiva nell’esprimerlo. Non sono stata timida nel definirmi e quindi nell’aiutare l’altro nel definire me. 

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Giornalista, consulente alla comunicazione positiva e allo sviluppo individuale e dei gruppi attraverso strumenti a mediazione espressiva. 20 anni di esperienza in comunicazione aziendale.

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