Sonia Calvari

Sonia Calvari, un vulcano di donna: “È la vita a metterci in pericolo”

25 anni fa una visita a Stromboli ha segnato il corso della sua vita. Uno dei tanti episodi che la geologa e vulcanologa Sonia Calvari, Dirigente di Ricerca presso l’ Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia a Catania ricorda come decisivi nel suo percorso di crescita. Dopo aver ammirato la grandezza del vulcano e averne osservato l’attività ha deciso di approfondire i suoi studi in materia per comprendere le forze della natura e i suoi segreti. “Ero in trasferta con l’Università insieme al professore che ha seguito la mia tesi Roberto Mazzuoli, lo studioso americano Michael Sheridan e tanti studenti miei colleghi: è stato meraviglioso”.
Racconta fatti che regalano la fotografia della maestosità della terra, con parole che anni di ricerca hanno vestito di calma e semplicità: “Avevo fatto già la tesi studiando l’evoluzione delle rocce di Lipari, ma un vulcano attivo in eruzione è un fenomeno completamente diverso. I processi geologici di solito sono molto lenti ed è difficile dallo studio delle rocce ricostruire come si siano formate. I vulcani invece modificano la loro morfologia in modo molto rapido e radicale. Anche all’Etna per esempio in una settimana si forma un nuovo cono alto 60 metri. I vulcani sono davvero imponenti dal punto di vista umano, riescono a fare delle variazioni repentine molto importanti”. Alla domanda di quali sensazioni le dia questa imponenza da capogiro, la risposta è serafica: “Non mi fa paura. Credo sia una delle manifestazioni più belle della natura”. 

Ha scelto un percorso di studi mossa dal desiderio comprendere la forza della natura e i suoi segreti. Dopo anni di professione qual è il pensiero che si è fatta sui meccanismi che regolano questo nostro pianeta?  

Per quanto possiamo studiare e dedicare la nostra vita a questi fenomeni, riusciamo a cogliere solo una piccola parte di quello che il mondo naturale è nella realtà. Stromboli è un posto affascinante e magico perché è uno dei pochi vulcani che permette di osservare l’attività eruttiva dall’alto, il punto che si raggiunge con le visite guidate è posto sopra i crateri, quindi si riesce addirittura a guardare all’interno e a vedere i movimenti da una posizione veramente favorevole. Quello che siamo riusciti a capire – ormai sono 30 anni che mi occupo di vulcani – è senz’altro moltissimo. Per esempio nel caso di Stromboli riusciamo a prevedere i parossismi che si verificano durante delle fasi effusive – cioè quando il vulcano è in eruzione ed emette magma – calcolando la quantità di lava emessa, siamo capaci di prevedere con un certo margine di errore quando si potrà verificare il parossismo. Eppure ci sono eventi, come quello del 3 luglio scorso, che si è verificato all’inizio di una fase effusiva: per quelli che sono i nostri studi attuali era assolutamente imprevedibile. Anche dedicando tutta la vita allo studio dei vulcani quello che riusciamo a capire è sempre una piccola parte del reale. 

Ricercatrice in un ambiente frequentato particolarmente da uomini. Ci sono stati dei momenti in cui l’essere donna è stato un ostacolo alla sua carriera? D’altra parte le risorse del femminile quale contributo portano in una professione come la sua? 

Sono stata ostacolata sin dall’inizio. Mio padre non voleva che mi iscrivessi a geologia perché era un mestiere da maschi. Quando mi sono iscritta i professori non volevano che facessi geologia perché ero femmina. Solo dopo un anno, che avevo seguito i corsi e fatto anche con loro escursioni in campagna, mi hanno dato il massimo dei voti, e quindi immagino abbiano cambiato idea. Non credo che ci siano mestieri da uomo e da donna, penso che la mente umana è così varia che se si sente di avere la predisposizione per uno studio e per una determinata professione non ci siano ostacoli, anzi, semmai gli impedimenti fanno venire più voglia di superarli e di affrontarli, per me è stato così. È stimolante questo mestiere: cercare di capire continuamente che cosa farà un vulcano dai messaggi che lancia è una sfida intellettuale continua. Non vedo delle specifiche femminili e maschili, penso che ognuno di noi abbia il suo modo di vedere le cose, che è assolutamente individuale e in quanto tale permetta di individuare fattori, processi a cui altri non pensano minimamente. Mio padre è stato anche contento poi, e in seguito ha supportato sempre le scelte che ho fatto. 

In emergenza Covid-19 il ruolo delle donne assume una particolare importanza, sia perché sono molte le scienziate che ci stanno guidando in questa fase, sia perché proprio le donne sembrano resistere di più rispetto a una forma grave di malattia. Che cosa pensa di una graduale riapertura sociale come quella suggerita dalla dott.ssa Capua in cui siano le donne a fare da apripista?

Ultimamente nella nostra società c’è una grandissima ingiustizia, non verso le donne ma proprio verso le persone che hanno delle competenze e delle capacità. L’esempio che lei ha fatto è forse uno dei più eclatanti, ma purtroppo non è l’unico. Ilaria Capua è una grandissima virologa che ha dovuto abbandonare l’Italia e trasferirsi all’estero perché è stata osteggiata in modo indegno, non perché abbia compiuto qualcosa di sbagliato, ma semplicemente perché ha fatto il suo mestiere, ha cercato di impegnarsi anche in politica e questo le ha creato un mare di problemi. Io vedo che negli ultimi anni in Italia non è stata assolutamente premiata la competenza delle persone, e non mi riferisco solo alle donne, anche uomini abili sono stati messi da parte. Io  credo che nel momento in cui il mondo è stato flagellato da questa epidemia non si possano trascurare le capacità delle persone. Riusciremo ad andare avanti e a superare le difficoltà soltanto se metteremo in campo le migliori esperienze del nostro territorio. E spero sinceramente che Ilaria Capua possa rientrare in Italia con tutti gli onori che merita. 

Una formula meritocratica per la società… 

Secondo me è un’esigenza adesso. Non ci possiamo più permettere il lusso di mandare avanti i giovani, per quanto rampanti e promettenti, se invece abbiamo le competenze che ci permetterebbero di fare dei balzi in avanti maggiori. Il tempo lo abbiamo avuto, siamo stati così tanto chiusi e privi del rumore esterno che, se vogliamo, delle riflessioni le abbiamo potute fare.

Come sta reagendo la terra in questo periodo di sospensione di buona parte di alcune attività umane? Si assiste a un recupero da parte della natura in questo tempo?   

La terra dal mio punto di vista di geologa reagisce come sempre: le profondità se ne infischiano di quello che fanno gli uomini. I vulcani se devono devastare devastano, se devono eruttare eruttano, e di quello che fanno gli uomini in cima non gli interessa un accidenti di nulla. D’altra parte è bellissimo vedere di come la natura si stia riappropriando dei suoi spazi. Gli animali soprattutto, che sono stati relegati finora negli angolini alla notte quando gli umani lasciavano loro spazio, adesso imperversano dappertutto. È un rifiorire della vita meraviglioso.

Fare ricerca sui vulcani significa integrare nel proprio vissuto l’accettazione di un margine di rischio che non si può controllare. In questo particolare periodo ognuno di noi è a contatto in modo più evidente con questa paura. Che cosa si sente di suggerire come scienziata e come donna? 

non possiamo prevedere tutto, anzi il contrario

Quello che ho imparato dall’inizio della mia vita professionale è stato proprio essere in comunione con la natura, l’incertezza e il fatto che non possiamo prevedere tutto, anzi il contrario. Proprio il mio lavoro mi ha abituato a convivere con le novità, di solito non faccio programmazioni a lungo termine. Il mio lungo termine è una settimana e anche in quel caso sono incerta di riuscire a portare avanti i miei programmi, proprio perché lavorando sui vulcani che cambiano da un momento all’altro, so che è difficile prevedere. Credo che anche nella vita normale dovremmo abituarci a pensare che non possiamo controllare tutto, che non siamo noi a detenere il potere della vita e della morte, spero che in questa fase ne siamo diventati consapevoli. 

Come si impara ad accettare il ‘non controllo’? 

È una necessità. Ricordo di un avvenimento di tanti anni fa: era il 1989 ed avevamo passato la notte sull’Etna a osservarne i meravigliosi movimenti vulcanici da una distanza ravvicinata. La mattina seguente l’attività è cambiata bruscamente nel giro di qualche minuto e a quel punto ci siamo trovati che non potevamo fare nulla. Abbiamo provato a scappare per allontanarci dalla colonna di brandelli, lava, cenere e gas che si stava formando, ma c’era talmente un risucchio forte dal cratere che era come trovarsi in quegli incubi quando si vuole correre e le gambe non si muovono. Una nostra collega è caduta e abbiamo pensato “Siamo morti”. Tutti quanti però ci siamo avvicinati ad aiutarla. Aveva uno zaino molto pesante con molti strumenti, l’abbiamo tirata su e abbiamo visto che il cratere aveva smesso di eruttare. È stata la mano divina a salvarci. 

Ha mai pensato di abbandonare un mestiere così rischioso? 

Nel mio lavoro mi sono trovata moltissime volte in pericolo di morte e ho pensato che fosse finita. Credo che è la vita a metterci in pericolo. Anche attraversare la strada può portare a morire falciati da una macchina. Anche stando a casa, ci sono persone che hanno paura di vivere, e poi magari inciampano nel filo dell’aspirapolvere o gli casca un mattone sulla testa. Penso che non dobbiamo aver paura di vivere, perché qualsiasi cosa riusciamo a fare è una manifestazione di quello che di buono siamo capaci di portare in questa vita.


I vulcani con la loro forza e la loro energia sotterranea  sono manifestazioni del potere della natura. Lei oltre a essere donna di scienza è donna di fede. Come si integrano questi due aspetti della vita?

possiamo studiare tutta la vita riusciremo a scoprire solo una minima parte di quello che è il funzionamento di un vulcano

I due mondi si integrano perfettamente. Proprio in quanto scienziata so che per quanto possiamo studiare tutta la vita riusciremo a scoprire solo una minima parte di quello che è il funzionamento di un vulcano. Per il resto dobbiamo solo affidarci a Dio. A questo proposito ricordo un’eruzione particolarmente drammatica che abbiamo avuto all’Etna nel 2001. C’era veramente molta paura perché i segnali che stavamo registrando ci parlavano di un evento potenzialmente devastante e non sapevamo cosa fare. In quel momento tutti quanti abbiamo pregato. Invece di un evento devastante ne abbiamo avuto due molto pesanti, nel 2001 e nel 2002, però grazie a Dio non ci sono state perdite umane.

Di una persona si dice che è vulcanica, per indicare una grande energia interiore. Secondo lei esiste un unico flusso di energia che lega uomo alla natura? Se sì, di che cosa si tratta e come attingervi?

Proprio perché credente sono convinta che Dio abbia creato prima la terra e poi l’uomo. L’uomo può vivere bene solo se ha rispetto della natura che lo circonda. Èlo stesso motivo per cui cerchiamo di costruirci delle belle case molto accoglienti, perché quell’ambiente ci fa stare bene. Dovremmo avere la consapevolezza di usare con la natura la stessa cura con cui abitiamo la nostra casa. L’aria che respiriamo è conseguenza di come noi trattiamo l’ambiente, così la bellezza di sentire gli uccellini che cantano fuori dalla finestra o di vedere i fiori che sbocciano. Possiamo goderne solo se non distruggiamo tutto con l’inquinamento. Credo che siano due energie sicuramente collegate tra loro e insieme collegate a Dio. 

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Giornalista, consulente alla comunicazione positiva e allo sviluppo individuale e dei gruppi attraverso strumenti a mediazione espressiva. 20 anni di esperienza in comunicazione aziendale.

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