Da quasi sessant’anni, è il punto di riferimento per le famiglie toccate dalla sordocecità, una grave condizione di salute che fino agli anni ’60 costringeva i malati a un totale isolamento fisico e sociale e che dal 2010 è invece riconosciuta come disabilità specifica dallo Stato italiano. In questi decenni, grazie alla tenacia della sua fondatrice, Sabina Santilli, e di tutti i volontari che hanno creduto nella sua missione, la Lega del Filo d’Oro ha raggiunto traguardi importanti per la salute e i diritti delle persone con questa patologia che oggi, secondo l’Istat, sono circa 189 mila, pari allo 0,3% della popolazione italiana. Di queste, circa 108 mila vivono di fatto confinate in casa, non essendo autosufficienti nelle più elementari necessità quotidiane (camminare, lavarsi, vestirsi, prendere un mezzo pubblico) e che le spinge verso una condizione di completo isolamento anche affettivo.
Un percorso lungo, non privo di ostacoli, ma sempre animato da una grande motivazione, come emerge dalle parole del presidente Rossano Bartoli che, entrato negli anni ’60 come giovane volontario, ha seguito tutte le importanti tappe raggiunte dalla lega del Filo d’oro. Qui il suo racconto.
La Lega del Filo d’Oro dal 1964 si occupa dei malati sordo-ciechi. Come si è evoluta in quasi 60 anni la sua missione?
Siamo nati il 20 dicembre 1964 per iniziativa di Sabina Santilli, una donna abruzzese diventata sordocieca a 7 anni per una meningite e che, tornando a comunicare con il mondo esterno con la scrittura sul palmo della mano con alfabeto Malossi e poi con l’alfabeto Braille, ha deciso di fare sì che anche in Italia, come avveniva in altri Paesi, ci fosse un’organizzazione specifica che aiutasse chi nasceva o diventava sordocieco. Non solo: il suo obiettivo era anche coinvolgere chi era nella sua condizione a essere positivo nei confronti della vita, nonostante tutto, e pronto a mettersi in gioco. Viene dunque costituita da un gruppo di volontari la Lega del Filo d’Oro, con Sabina presidente e rappresentante legale: un aspetto, questo unico, se si pensa che all’epoca le persone con il suo handicap erano escluse di fatto dalla società attiva. Nel ’67, poi, arriva, con un decreto del Presidente della Repubblica il riconoscimento come Ente Morale, che consente alla Lega del Filo d’Oro di potere gestire dei servizi. Nasce quindi a Osimo, nelle Marche, un piccolo istituto psicopedagogico che ospita quattro bambini di regioni diverse, e vengono organizzati dei soggiorni estivi: un’occasione di unione e socializzazione che permette alle persone sordocieche di uscire dall’isolamento. La Lega diventa un punto di riferimento sempre più riconosciuto per chi è toccato dalla sordocecità, ma non solo: con il tempo arrivano alla struttura di Osimo, che intanto si è ingrandito, molte persone che hanno spesso altre disabilità associate ai problemi di vista e udito. Da qui la definizione dei soggetti di cui si occupa la Lega del Filo d’Oro viene estesa a ‘persone con minorazione psico-sensoriale’.
Che cosa ha innescato la svolta per la lega del Filo d’oro?
La svolta per lo sviluppo della Lega del Filo d’oro avviene nell’84 quando, dopo un convegno in Olanda sulla raccolta fondi, mi sono reso conto che era importante andare ad attingere anche da fondi di privati, dal momento che quelli pubblici erano sempre troppo insufficienti per i nostri bisogni. Si pensi che servizi come i nostri necessitano di strutture attrezzate – abbiamo una piscina, una palestra, ampi spazi -, di personale specializzato – almeno due operatori per paziente -e continuamente formato, nonché di strumenti di tecnologia assistiva che rendono possibile ai nostri pazienti svolgere azioni della vita quotidiana, come comunicare e muoversi. Grazie alla consulenza di un’agenzia milanese abbiamo quindi avviato un percorso di comunicazione al pubblico, che ci ha subito portato a ottenere risorse che ci consentivano, e ci consentono tuttora, di sviluppare le nostre attività.
Man mano che crescevano le richieste da altre regioni italiane, abbiamo aperte nuove sedi territoriali: la prima a Milano nell’87, a cui sono seguite Roma, Napoli e in Puglia. E poi sono nati i centri residenziali: nel 2004 a Lesmo (MB), a Molfetta nel 2007, a Termini Imerese nel 2010, a Modena nel 2013, per un totale di cinque regioni che dispongono di strutture socio-sanitarie con accoglienza h24. A Osimo, Molfetta e Termini Imerese abbiamo anche posti per il servizio diurno, e a Roma, Napoli, Pisa e Novara abbiamo sedi territoriali dove offriamo servizi sociali, con consulenti e psicologi.
La comunicazione ha dunque avuto un ruolo importante nella vostra attività. Quanto e come è cambiata la sensibilità degli italiani rispetto a queste tematiche sociali?
La comunicazione è stata fondamentale e tutt’oggi lo è. Dall’89 abbiamo al nostro fianco una personalità come Renzo Arbore, che ci ha fortemente aiutati a crescere in visibilità e credibilità, a cui si è affiancato l’attore marchigiano Neri Marcoré nel dicembre 2014. Negli anni ci hanno fortemente sostenuto anche Maurizio Costanzo, invitandoci a parlare al Maurizio Costanzo Show e a Buona Domenica, la giornalista Barbara Palombelli e la conduttrice Rita Dalla Chiesa. Ultimamente, abbiamo coinvolto anche altre personalità, come i calciatori nella campagna ‘Storia di mani’ nell’ottobre 2021, gli chef Filippo La Mantia ed Ernst Knam, il direttore d’orchestra Beppe Vessicchio, e sul web collaboriamo con alcuni influencer (ad esempio la fashion blogger Nicole Husel): tutte persone che sostengono la missione con convinzione e passione della Lega del Filo d’Oro.
Tutto ciò ci aiuta a farci intercettare più velocemente dalle famiglie che hanno bisogno di sostegno e a sensibilizzare l’opinione pubblica. La sensibilità è sicuramente molto cambiata e aumentata, ed è evidente nella crescita dei lasciti testamentari, di cui parliamo anche nelle nostre campagne di comunicazione: in pochi anni è cresciuto il numero di persone, anche giovani, che ha deciso di farlo a favore della Lega del Filo d’Oro. Non solo: sono sempre di più le aziende che scelgono di sostenerci con delle iniziative benefiche.
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Quali sono i numeri della sordocecità in Italia oggi? Come è cambiata la situazione delle persone di cui vi occupate in questi 60 anni di attività?
Secondo uno studio condotto dall’Istat per la Lega del Filo d’Oro, le persone con problematiche legate sia alla vista che all’udito sono 189 mila, per l’88% dei quali i problemi alla vista e all’udito sono legati all’età avanzata.
In un anno intercettiamo un migliaio di casi, da bambini di pochi mesi fino ad arrivare agli anziani, per un totale di circa 4 mila casi negli ultimi anni: ma l’esperienza mi dice che se dovessimo aprire un ufficio in altre città avremmo tanti altri pazienti, perché la diffusione della nostra attività farebbe emergere altri casi.
Quello che è certo è che oggi assistiamo bambini che arrivano in condizioni molto più gravi rispetto ai primi decenni di attività: all’epoca, chi nasceva troppo prematuro, non sopravviveva moriva. Oggi invece la medicina riesce a tenerli in vita, ma con problematiche gravi che ne influenzeranno tutta la vita. Inoltre, sono cambiate le problematiche: negli anni ’60 e ’70 la maggior parte erano bambini rosoliaci, la cui madre aveva contratto la rosolia durante la gravidanza. Oggi, grazie al vaccino abbiamo rarissimi casi, provenienti principalmente da Stati stranieri, mentre almeno la metà dei nostri pazienti ha anche problemi motori gravi dovuti a malattie rare, genetiche, o parti prematuri.
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Come si può e si deve lavorare per l’inclusività di soggetti fragili? Come poter valorizzarne le doti?
Negli anni abbiamo costruito un modello di assistenza che consente anche a persone con gravi disabilità di una dimensione di vita propria, con appartamenti da quattro persone, una camera e un bagno per ciascuno, laboratori, piscine, palestre e ambulatori medici.
Nel 2010 , la Lega del filo d’oro è riuscita a fare approvare una legge (la n 107) che riconosce la sordocecità come disabilità specifica. Negli ultimi anni stiamo lavorando perché questa dichiarazione di principio trovi corrispondenza nel riconoscere i servizi che rispondono ai bisogni delle persone. Siamo attualmente impegnati nel richiedere il riconoscimento ai pieni diritti all’istruzione, alla riabilitazione, e quando le condizioni della persona lo permettono anche al lavoro, anche se purtroppo sempre di più parliamo di persone con pluri-minorazione psicosensoriale dove i livelli di autonomia sono molto limitati.
A questi aspetti si aggiunge la dolorosa domanda che si pongono le famiglie dei giovani pazienti che si chiedono “cosa succederà dopo di noi, chi si occuperà dei nostri figli quando non ci saremo più”: anche su questo tema cerchiamo di sviluppare risposte diverse a seconda delle condizioni delle persona.
Quali sono le maggiori difficoltà che incontrate nello svolgimento del vostro lavoro?
Sicuramente l’insufficienza degli stanziamenti pubblici rimane un problema, a cui va ad aggiungersi l’enorme differenza fra le Regioni italiane: in alcune gli standard di servizi di base sono molto elevati e quelli per disabili molto adeguati, mentre in altre è l’opposto. E poi c’è una questione culturale, che fa sì che molte famiglie non siano a conoscenza dei diritti e dei servizi di cui possono godere. Ma anche quando alcuni diritti devono essere garantiti, in nome dell’integrazione, non sempre ciò viene fatto nel modo giusto: si pensi alle scuole, dove spesso vengono affidati ai ragazzi disabili insegnanti di sostegno senza una preparazione e conoscenze specifiche (ad esempio dell’alfabeto Braille). Per non parlare poi di quando invece non ci sono proprio….
Noi continuiamo comunque ad andare avanti, grazie al lavoro di tanti volontari e all’aiuto prezioso di molte persone generose.
In questi anni avete raggiunto dunque importanti traguardi…. Quali obiettivi avete per il futuro?
A oggi siamo presenti in 10 regioni italiane con servizi diversi, ma stiamo lavorando per portare una presenza anche in altre regioni, come Calabria e Sardegna. La prossima sarà certamente l’Abruzzo, dove recupereremo la casa di Sabina Santilli donata dalla sorella, in cui si ricorderà la fondatrice della lega del Filo d’Oro, precorritrice assoluta nell’avere ridato dignità alle persone con disabilità, di cui ha riconosciuto da un lato i bisogni di servizi speciali, ma dall’altro la capacità di potere avere un ruolo nella società.
Parallelamente, stiamo lavorando all’ampliamento del Centro di riabilitazione di Osimo, dove avviene il primo approccio a livello di intervento personalizzato: durante un primo ricovero in questo centro uno staff medico valuta le condizioni del malato e formula il progetto, che poi continua nelle sedi vicine a casa. Con i lavori in corso, aumenta la capacità di accoglienza, con 80 posti letto complessivi di tempo pieno e 20 posti di degenza diurna.